Avrebbe avuto le chiavi del cortile per uscire dal carcere di massima sicurezza nel quale era detenuto, per scontare l'ergastolo. La fuga rocambolesca dal penitenziario di Nuoro di Marco Raduano, il detenuto pugliese di 39 anni, boss della mafia garganica, continua a far discutere, mentre le forze di polizia gli danno la caccia, tanto in Sardegna che nella sua terra d'origine, la Puglia.
La ricostruzione
Secondo quando ricostruito dai sindacati della Polizia penitenziaria, Raduano ha probabilmente tenuto d'occhio i turni di guardia, ha capito quali erano le falle del sistema - «dovute a gravi carenze di organico», accusano le sigle sindacali - e ha agito.
I sindacati
I sindacati continuano a puntare il dito sulla carenza di agenti in carcere, mentre l'evasione è diventata un caso politico. «Prima o poi doveva succedere, il carcere è pieno di falle sulla sorveglianza - conferma Giovanni Conteddu dell'Osapp Nuoro - Nel reparto dell'Alta sicurezza dove ci sono circa 30 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata pugliese, calabrese, campana e siciliana, c'è un solo agente di guardia e nella sala dove sono custodite le chiavi e le telecamere della regia non c'è nessuno, il posto è scoperto. Questa è la prima falla che si è rivelata decisiva per la fuga di Raduano». «Non basta la videosorveglianza se non supportata da intelligenza artificiale e, soprattutto, se nessuno può badare ai monitor o deve controllarne decine mentre si occupa di innumerevoli altre incombenze», incalza Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria aggiungendo che a quanto gli risulta, al momento dell'evasione di Marco Raduano la sala operativa del carcere non era presidiata.
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