Chi era Oscar Romero, il vescovo dalla parte del popolo ucciso dal regime

Chi era Oscar Romero, il vescovo dalla parte del popolo ucciso dal regime
Chi era Oscar Romero, il vescovo dalla parte del popolo ucciso dal regime
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Mercoledì 7 Marzo 2018, 12:42
Per tutti, e non solo a El Salvador, è considerato "il santo del popolo": ecco chi era Oscar Romero, l'arcivescovo di San Salvador ucciso dal regime nel 1980, già beato, che sarà presto santificato da Papa Francesco insieme a Paolo VI. 

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Oscar Arnulfo Romero Galdamez era nato da una famiglia numerosa e di umili origini a Ciudad Barrios nel 1917 e, manifestando il desiderio di diventare sacerdote, studiò prima nel seminario di San Miguel e, dopo essere risultato uno degli alunni più brillanti, fu trasferito a Roma, dove svolse la carriera accademica all'Università Pontificia Gregoriana, dove nel 1942 fu ordinato in seguito alla laurea in teologia. Tornato in patria, fu prima assistente del vescovo di San Miguel e poi segretario della Conferenza episcopale salvadoregna. Una volta nominato vescovo, svolse la sua missione a Santiago de Maria e infine a San Salvador. Vicino ai gesuiti, dimostrò molto presto una certa vicinanza nei confronti delle classi più povere e sfruttate, pur senza abbracciare completamente la dottrina della teologia della liberazione molto in voga in tutta l'America Latina.



In un paese governato da un regime solo all'apparenza democratico ed espressione della volontà militare, in cui l'economia era ancora basata sullo sfruttamento delle classi più povere e sul latifondo, monsignor Romero, arcivescovo di San Salvador dal 1977, aveva spesso lanciato appelli all'esercito di arrestare le violenze contro le opposizioni e contro i ceti sociali più oppressi. Paradossalmente, a sostenere la sua elezione all'arcivescovado della capitale erano state molte famiglie di proprietari terrieri, che speravano in lui per il mantenimento dello status-quo: la rivoluzione di Romero però fu chiara sin dai primi giorni, quando rifiutò la costruzione di uno sfarzoso palazzo vescovile a San Salvador e andò ad abitare in una piccola stanza nella sagrestia di un ospedale in cui venivano ricoverati i malati terminali di cancro.



Le sanguinose repressioni del regime militare furono sempre condannate apertamente da Oscar Romero, che aveva anche sofferto gli omicidi di parenti, amici e fedeli collaboratori. In seguito ad una sua dura omelia di condanna («Vi supplico, vi prego, in nome di Dio, cessi questa repressione», l'appello a polizia ed esercito), il regime rispose trucidando in una chiesa oltre 200 fedeli radunati durante una messa. Dal Vaticano l'attività di monsignor Romero era vista con una certa diffidenza: Paolo VI e Giovanni Paolo II, pur apprezzando le sue capacità, temevano infatti che la sua attività fosse distorta da motivazioni ideologiche.



La situazione precipitò nel 1980, in seguito all'utilizzo, da parte del regime, di bambini come cavie per la mappatura dei territori minati e a nuove uccisioni di massa. Il 23 marzo monsignor Romero rivolse un nuovo appello alle forze armate, invitandole a disertare gli ordini contrari alla morale: «La legge di Dio dice di non uccidere e voi state assassinando i vostri fratelli. State infrangendo la volontà di Dio, cessi questa repressione». Il giorno successivo, durante un'altra omelia, fu colpito alla giugulare da un proiettile sparato da un sicario di Roberto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore Alianza Republicana Nacionalista (Arena). La causa di beatificazione, proposta da Giovanni Paolo II nel 1997, fu però avviata solo da Benedetto XVI nel 2012 e conclusa da Papa Francesco nel 2015. Proclamato martire per l'omicidio in odio alla fede, ora monsignor Romero sarà anche santificato.

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