Mentre la famiglia di Mario Decandia chiede verità e giustizia per la morte del figlio, arriva una testimonianza choc su quanto accaduto dopo il tragico incidente di Palma di Maiorca. Il cuoco sardo, 36 anni, è stato investito e ucciso, poco dopo essere uscito dal lavoro, da un'auto della polizia locale.
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Mario Decandia, il teste: «Portata via una bottiglia di vodka»
L'agente di polizia locale che guidava l'auto è risultato negativo all'alcol-test e, dal comando, assicurano: «Nessuno della pattuglia aveva bevuto, era stata azionata la sirena dopo una chiamata di emergenza».
Mario Decandia, lo zio: «Poteva essere una strage»
Del caso si occupano due avvocati: uno spagnolo, l'altro italiano. Quest'ultimo è Dino Selis, zio di Mario Decandia, che sta cercando di fare luce sull'incongruenza tra i due verbali e sui primi risultati dell'autopsia. Il 36enne, nato a Tempio Pausania, aveva imparato il mestiere all'estero, prima in Australia e poi a Maiorca. Alle Baleari aveva trovato la sua dimensione ideale, come confermato da un altro zio. «Mario era un ragazzo d'oro, la sua morte è assurda. Ci hanno detto che la volante girava a fortissima velocità in un'area pedonale dove c'era molta gente, poteva essere una strage» - spiega Enea Salis - «Nel verbale c'è scritto che una panchina in cemento armato è stata colpita e scaraventata a decine di metri, l'impatto è stato violentissimo. Ci sono tanti punti oscuri, vogliamo la verità».
Mario Decandia, la rabbia della famiglia: «Non possiamo ancora vederlo»
Tutta la famiglia di Mario Decandia è affranta dal dolore. Un dolore aumentato anche dal fatto di non poter vedere ancora il corpo del 36enne. «Ci hanno detto che non potremmo vederlo fino a che non si concluderanno gli accertamenti dei periti. Andremo quando si potrà riportarlo a casa», hanno spiegato papà Piero e mamma Maria Piera. Due colleghi di Mario, anche loro travolti nell'incidente, sono ricoverati in ospedale ma sono fuori pericolo, mentre il ristorante in cui lavorava il cuoco sardo ha deciso di chiudere i locali alle Baleari per due giorni, in segno di lutto.
Nicola, il fratello di Mario, ha spiegato all'Ansa: «Ora ciò che importa è portarlo a casa. Sui giornali abbiamo letto tante cose, alcune contraddittorie. Non proviamo odio, ma solo dolore. Questo però non significa che non vogliamo un'indagine accurata, chiediamo che chi ha sbagliato si assuma le proprie responsabilità. Per me c'è una colpa palese, spero che non finisca tutto sotto il tappeto. Nessuno ci restituirà Mario, ma chiediamo che venga fatta piena chiarezza. Ringraziamo l'azienda per cui lavorava Mario e le istituzioni italiane sul posto, ci stanno aiutando in tutto e per tutto».