Ne abbiamo visti tanti, di morti, in questa guerra nel cuore dell’Europa. Oggi sono tre mesi, da quella notte in cui le colonne di blindati russi hanno varcato la frontiera. Ma il numero dei caduti - soprattutto quello dei soldati - è un segreto di Stato che sia Kiev che Mosca custodiscono gelosamente. Perché la prima regola di ogni guerra è non demoralizzare il proprio popolo. Ma nelle cifre incrociate di diverse fonti, il velo si può squarciare. E i numeri di cui si parla sono quelli di «una macelleria», definizione usata da Draghi nella sua missione alla Casa Bianca.
Il Cremlino non aggiorna il numero dei suoi caduti dal primo mese di guerra: ne ha riconosciuti solo 1351.
«Questo continuo aumento dei morti tra le file dell’esercito - conclude il report britannico - potrebbe portare ad una crescente insoddisfazione da parte della popolazione russa». Che è anche il motivo per cui Kiev custodisce il segreto sui propri caduti. Ma anche qui qualcosa trapela. E lo fa la fonte più autorevole, il presidente Zelensky in persona: «Ogni giorno sulla linea del fronte nell’est muoiono tra i 50 e i 100 ucraini». Sottinteso, caduti tra i militari che combattono nel Donbass. A metà febbraio in un’intervista sulla Cnn il presidente ucraino aveva parlato di 2500-3000 morti tra le file del suo esercito. Ma anche in questo caso, il numero reale dei caduti è molto più alto.
E poi nel mattatoio ucraino c’è il capitolo vittime civili. Li abbiamo visti nelle strade dei villaggi dell’oblast di Kiev, da Bucha a Irpin, sotto le macerie di Kharkiv o Borodianka, ma quanti sono? Ieri la procuratrice generale ucraina Iryna Venediktova, che indaga sui crimini di guerra russi, ha parlato di «4600 vittime civili dal 24 febbraio, inclusi 232 bambini». Un numero poco più alto di quello che risulta all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani: 3752 morti tra i civili. Un numero - ammette l’Onu - tarato al ribasso.