Si chiamava Retroville. Era il centro commerciale di dieci piani che serviva la zona nord ovest della Capitale. Ora è poco più di un cratere, con l’insegna al neon conficcata nella macerie. Centrato nella notte da un missile da crociera dei russi, per cui l’obiettivo era legittimo: «Era un deposito di munizioni», sostiene il ministero della Difesa di Mosca. Sul piazzale, tra i carrelli della spesa, i vigili del fuoco hanno allineato otto corpi recuperati dalla macerie. Ancora sirene, a Kiev, missili ed esplosioni. Il sindaco Vitalij Klycko ha di nuovo imposto un coprifuoco di 35 ore: tutti nei rifugi dalle 20 di ieri fino alle 7 di domani.
L’attacco dal cielo di intensifica, sulla Capitale e sulle grandi città: quelle già ridotte in macerie, come Mariupol e Kharkiv, ma anche su Odessa.
Mariupol invece è stata quasi cancellata dalle carte. Ha rifiutato la resa e resiste ancora. Ma è un cimitero. Secondo fonti ucraine i morti civili sono almeno tremila, «ma nessuno può dire il numero esatto - dice il comandante del distaccamento di Azov, Denys Prokopenko - le persone vengono sepolte in fosse comuni, molti restano insepolti per strada. Alcune persone sono sepolte vive sotto le macerie». «Quello che ho visto, spero che nessuno lo veda mai» ha detto l’ultimo diplomatico europeo a laaciare Mariupol, martedì scorso. È il greco Manolis Androulakis, appena rientrato ad Atene: «Mariupol entrerà a far parte delle città che sono state completamente distrutte dalla guerra. Guernica, Aleppo, Grozny, Leningrado». Su facebook c’è la drammatica testimonianza di una residente, Nadezda Sukhorukova: «Qui tutti aspettano la morte, sono sicura che morirò presto, questione di giorni, ma vorrei solo che la morte non fosse così spaventosa», scrive il 19 marzo. «La città vive nel sottosuolo, sopra c’è un silenzio da cimitero, non ci sono auto, non ci sono voci. Anche il vento è morto. Non riesco a credere che un tempo avevo un’altra vita».