Coronavirus, il primo caso in Europa è stato in Germania: sintomi già il 24 gennaio

Coronavirus, il primo caso in Europa è stato in Germania: 33enne contagiato da una collega di Shanghai
Coronavirus, il primo caso in Europa è stato in Germania: 33enne contagiato da una collega di Shanghai
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Giovedì 5 Marzo 2020, 15:56 - Ultimo aggiornamento: 19:18

Il coronavirus potrebbe essere sbarcato in Europa non a partire dall’Italia, ma dalla Germania: il primo caso sarebbe infatti quello di un tedesco di 33 anni, secondo quanto si è appreso da una lettera dei medici tedeschi pubblicata sul New England Journal of Medicine. Il giovane avrebbe manifestato i sintomi oltre un mese fa, il 24 gennaio, in una data molto antecedente rispetto al “paziente 1” di Codogno, in provincia di Lodi, ricoverato intorno al 21 febbraio.

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Secondo la lettera dei medici, il 33enne avrebbe partecipato ad un incontro di lavoro con una collega proveniente da Shanghai, rimasta in Germania dal 19 al 22 gennaio. La donna non aveva sintomi: dopo essere tornata in Cina però aveva iniziato a stare male ed era stata trovata positiva al coronavirus. Dopo i primi sintomi avvertiti il 24, il collega 33enne sarebbe poi tornato a lavoro il 27: nello stesso giorno è arrivata la notizia della positività della collega cinese, e sono iniziati i controlli sui dipendenti, tra cui il giovane, trovato positivo insieme ad altre tre persone.

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Ricapitolando, il giovane tedesco potrebbe essere stato contagiato dalla collega (asintomatica) nei giorni tra il 19 e il 22, avrebbe avvertito i primi sintomi il 24, e una volta tornato a lavoro il 27 avrebbe poi contagiato altri tre colleghi. A quel punto però il contagio sarebbe avvenuto da una persona che non aveva più sintomi: ed è questo su cui si sono concentrati i medici.

Questi ultimi, sul New England Journal of Medicine, affermano come sia «da notare che l’infezione pare essere stata trasmessa durante il periodo di incubazione, quando i sintomi erano lievi e non specifici». Inoltre il fatto che il virus sia stato trovato «in quantità rilevanti nell’uomo anche nel periodo di convalescenza pone la questione della trasmissibilità del virus anche dopo la fine dei sintomi.»

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