Chernobyl, 36 anni dopo la catastrofe la centrale contesa fa di nuovo paura

Chernobyl, 36 anni dopo la catastrofe la centrale contesa fa di nuovo paura
di Giammarco Oberto
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Martedì 26 Aprile 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:24

Trentasei anni fa, oggi, ci svegliammo tutti in un incubo. Portato dal vento che incurante della Cortina di Ferro trascinava sui nostri cieli la nube di Chernobyl. Quello che è il più grande disastro nucleare della storia si era consumato nella notte appena trascorsa, in un villaggio a nord di Kiev, al confine con la Bielorussia, che confine non era perché era tutta Unione Sovietica. All’1,23 ora locale il coperchio del reattore 4 saltò in aria, durante un test andato storto nella centrale nucleare che era un gioiello dell’ingegneria dell’Urss. Al villaggio di Pripjat non ne sapevano nulla, si assiepavano su un ponte a guardare la nube arancione sopra la centrale. Lo chiamano il ponte della morte perché chi quella notte guardò, morì in poche settimane.

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È come se fossero esplose 400 bombe di Hiroshima, quella notte a Chernobyl, si stima oggi. Il costo di vite umane è spalmato negli anni ed è difficile da calcolare: un numero tra 4000 e 20mila vittime di cancro alla tiroide solo nei villaggi più vicini, ma alcune stime parlano di più di 90mila. L’Unione Sovietica insabbiò tutto, la verità e i morti. La zona è radioattiva ancora oggi. Foresta rossa, si chiama.

E qui il 24 febbraio sono arrivati i russi. Hanno scavato trincee nella terra radioattiva. Ed hanno preso la centrale dove il reattore 4 dorme sotto un sarcofago di cemento armato. Chernobyl è tornata a far paura. A marzo - sotto il controllo russo - si è interrotta l’energia elettrica in una vasca di raffreddamento dove c’erano barre di combustibile nucleare esaurite molto radioattive. Alla fine l’allarme è rientrato. E il 31 marzo i russi si sono ritirati. «Ma siamo sempre sotto la loro minaccia» ha detto Fomichev, sindaco di Slavutich, la città satellite di Chernobyl dove vivono i lavoratori della centrale.

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