«Boicotta la Cina», boom di t-shirt e cappelli contro Pechino. Ma molti sono "made in China"

«Boicotta la Cina», boom di t-shirt e cappelli contro Pechino sul web. Ma molti sono "made in China"
«Boicotta la Cina», boom di t-shirt e cappelli contro Pechino sul web. Ma molti sono "made in China"
di Enrico Chillè
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Sabato 13 Giugno 2020, 13:22
I ritardi, le omissioni e, in definitiva, la mancanza di trasparenza da parte della Cina sul coronavirus hanno fatto sì che, in più parti del mondo, sia cresciuta una certa insofferenza dell'opinione pubblica nei riguardi del governo di Xi Jinping. È anche per questo che, sul web, si stanno moltiplicando gli inviti a boicottare tutti i prodotti cinesi, segnalando codici a barre e colossi mondiali da cui tenersi alla larga: una mobilitazione che riesce ad affondare anche nel merchandising, con t-shirt, cappelli e accessori con lo slogan «Boycott China» sempre più richiesti in tutto il mondo. Ma c'è un piccolo problema.

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Negli Stati Uniti e, soprattutto, in India, i portali specializzati e i siti di e-commerce da qualche settimana hanno registrato un notevole aumento nelle vendite di materiale che invita al boicottaggio dei prodotti cinesi. Al di là delle responsabilità nella diffusione della pandemia, tra Pechino e Nuova Delhi la situazione, già da tempo, è tesissima, come dimostrano le continue schermaglie lungo la linea di controllo effettiva (Lac) al confine tra i due stati. In diverse zone dell'India la campagna anticinese sembra aver trovato terreno fertile e su FriendsKart, uno dei maggiori portali indiani di e-commerce, tra gli articoli più venduti delle ultime settimane ci sono cappelli e t-shirt con lo slogan "Boycott China".

L'unico problema, in questo caso, è che a beneficiare di questo notevole incremento delle vendite sarebbe proprio la Cina. Secondo alcuni portali come The Fauxy e Digital Phablet, quasi tutti questi prodotti, per mantenere prezzi competitivi, sarebbero prodotti a basso costo nella Repubblica Popolare Cinese. Sembra infatti che nelle ultime settimane le fabbriche sparse in giro per la Cina abbiano rallentato la produzione di t-shirt e accessori con la scritta "I love China" per incrementare proprio i prodotti che incitano al boicottaggio.

Molti imprenditori indiani, tra l'altro, per motivi economici preferiscono investire in Cina e non nel loro paese d'origine. Una situazione che vanifica gli appelli del premier, Narendra Modi, a comprare prodotti indiani. La grottesca situazione dei prodotti "Boycott China", inevitabilmente, ha suscitato l'ilarità di un altro paese confinante e ancora più rivale dell'India: il Pakistan. Il Pakistani Journal, ad esempio, ha citato un tweet di due settimane fa del parlamentare indiano Abhijit Mukherjee. L'esponente dell'Inc (partito di opposizione di centro-sinistra che ha come leader Sonia Gandhi), ironizzando, aveva in qualche modo profetizzato: «La Cina starà già preparando prodotti con lo slogan "Boycott China" per far fronte alla grande domanda da parte degli indiani indottrinati dagli estremisti».
 
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