La crisi ucraina e il nodo dei diritti civili

La crisi ucraina e il nodo dei diritti civili

di Luca Diotallevi
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Sabato 26 Febbraio 2022, 08:07

Nello scontro in atto intorno all’Ucraina (e a Taiwan) molte carte sono coperte. Quelle scoperte vanno lette. Tra l’altro, la chiarezza con cui sono state scritte, dà il senso del grado di sicurezza con cui almeno una delle parti (l’asse sino-russo) si sta muovendo. Il 4 febbraio scorso, a Pechino, Russia e Cina, Putin e Xi, hanno sottoscritto un testo che è insieme un manifesto identitario ed un programma. Merita attenzione. Esso fa comprendere la posta in gioco e fa capire dove sta l’asticella da superare. L’asticella è posta ad una altezza molto elevata, corrispondente al grado di confidenza in se stessi dei regimi russo e cinese. Se l’Occidente libero e democratico continuerà a muoversi troppo al disotto di quel livello di fiducia nei propri valori e nelle proprie istituzioni, valori ed istituzioni ben diversi da quelli propugnati da Xi e Putin, la battaglia è persa.


Nella dichiarazione sino-russa tre punti sono scritti in chiaro.
Il primo. Qualsiasi cosa sia, la globalizzazione in corso è affare degli stati (anzi: “Stati”). Essi sono gli attori, non principali, ma unici. Ciò che sta fuori degli stati sono solo altri stati, ciò che sta dentro gli stati – le persone – sta sotto gli stati. Il potere degli stati, la loro sovranità, è il valore di riferimento, il criterio primo ed ultimo con il quale giudicare ogni altra cosa. Solo siffatti stati possono garantire il benessere ed il benessere ha come condizione che esso non mini mai la assolutezza degli stati.


Il secondo. I diritti umani sono una bella cosa, ma in pratica essi sono solo ciò che i singoli stati decidono. La loro universalità è di fatto cancellata e rimessa alla interpretazione che di quei diritti volta per volta fornisce il singolo stato, ovvero chi lo controlla. Lo stato e chi lo controlla è giudice ingiudicabile dei diritti e della loro applicazione.
Il terzo. La democrazia pure è una bella cosa, salvo che con essa Putin e Xi non intendono frammentazione, limitazione e responsabilizzazione del potere politico, contendibilità di ogni potere politico, ma un imprecisato sentimento di partecipazione che il popolo deve avvertire rispetto alla gestione del potere fatta nel suo interesse, ma non rimessa al suo giudizio. Questa idea di democrazia viene definita “governo popolare” e consiste nel godere di un benessere che i governanti hanno precedentemente determinato nelle forme e nei contenuti.


Una riprova? La difesa (advocacy) della democrazia e dei diritti individuali non legittima la pressione su altri stati, che dunque operano in regime di insindacabilità. Né democrazia né diritti sono riconducibili ad un unico modello, dunque perdono ogni universalità reale e con questa la capacità di limitare il potere bruto (ovvero perdono ciò che a diritti e democrazia consente di perseguire lo scopo per cui sono stati inventati).
«Sta solo ad ogni singolo popolo decidere se il suo Stato è democratico», sottoscrivono Putin e Xi. Basta chiedere a Navalny o agli studenti o ai giornalisti di Hong Kong cosa ti succede se provi ad obiettare, o chiederlo ai pastori ed ai preti di Hong Kong (anche se in Vaticano si fa finta di nulla e ci si pone come terzi tra aggressori ed aggrediti).
Contraddizioni? Il testo ne è pieno.


Un esempio? Come un ritornello nel testo ricorre la accusa all’Occidente di pensare che i diritti abbiano un solo significato e che la democrazia consista – per l’essenziale – in un solo modello; ma lo stesso testo presenta una idea di diritti e di democrazia parimenti esclusiva: “o così o nulla”.
Un altro esempio? Mentre il manifesto di Xi e Putin celebra il valore della “sovranità”, la Russia si fa beffe della sovranità ucraina e la Cina minaccia Taiwan, la cui democrazia è forte di un consenso popolare libero, largamente maggioritario ed elettoralmente espresso.


Debolezze? Il programma sino-russo ne ha, eccome.
La Cina e Xi sono affascinate dalla possibilità di realizzare il sogno di Mao, ridurre la Russia ad junior partner, ad cliente o fratello minore.

Tuttavia, le marachelle del fratello minore possono rendere tutto più complicato al fratello maggiore.


Oggi, Cina e Russia hanno un manifesto e pure un programma: ridimensionare o cancellare libertà, diritti e democrazia nella forme che sono state architrave di un ordine che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, pur tra mille e dolorose contraddizioni, ha significato emancipazione per miliardi di persone e centinaia di comunità locali e nazionali.
La sfida di Russia e Cina si è fatta sempre più violenta. I tavoli sui quali essa si dispiega sono tanti, ma due sono i principali: Ucraina e Taiwan. Ucraina è mondo slavo sino alle midolla, e Taiwan e mondo cinese sino alle fibre più intime. Il regime putiniano non può accettare la via slava alla libertà ed alla democrazia che l’Ucraina ha intrapreso, non reggerebbe ad una alternativa democratica cresciuta nella porta accanto. Altrettanto il regime di Xi non può accettare di avere come dirimpettai altri cinesi capaci di avere successo continuando a percorrere la strada della libertà.
Puoi far sparire qualche dissidente che protesta, non popoli interi che si alzano sulle proprie gambe. Quelle gambe (e quelle anime) devi provare a spezzarle prima possibile.

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