La fiducia della città che stringe i denti

Gualtieri vince a Roma. La fiducia della città che stringe i denti

di Massimo Martinelli
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Martedì 19 Ottobre 2021, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 14:33

La “Città ideale” è un’astrazione, un’immagine utopica, un concetto di schema urbanistico accogliente, razionale, funzionale. Esistono alcuni dipinti che ne trasmettono la forza evocativa, esposti in musei italiani e persino negli Stati Uniti. E il voto di Roma sembra davvero consegnare al nuovo sindaco Roberto Gualtieri proprio una di quelle immagini pittoriche, affinché la tenga a mente. E, se lo ritiene, ne tragga fonte di ispirazione. 

Perché la sparuta percentuale di romani che hanno indicato il suo nome, cioè il 60 per cento del 40 per cento che è andato a votare (quindi più o meno il 24 per cento degli aventi diritto di voto), lo hanno scelto per guidare quello che potrebbe essere il Rinascimento di Roma.

Sono padri di famiglia, impiegati, artigiani, imprenditori, professionisti. Tutti convinti che la Capitale possa ancora rialzarsi. Tutti determinati a non arrendersi allo scetticismo (che in alcuni casi diventa disfattismo) della maggioranza che ha scelto di non recarsi alle urne.

Significa che da oggi, per Roberto Gualtieri, passata l’euforia della vittoria, cominciano due competizioni importanti.

La prima sfida è quella che riguarda Roma: il neosindaco prende il timone del Campidoglio nel bel mezzo di una burrasca, con la città ridotta in condizioni pietose, con le municipalizzate sull’orlo del baratro, con un esercito di dipendenti comunali - quasi venticinquemila - che in gran parte hanno trovato nell’eccesso di burocrazia e nell’assenza di controlli, un habitat confortevole nel quale rifugiarsi. La buona notizia è che il bel tempo non dovrebbe tardare: Gualtieri avrà il timone nelle mani quando arriveranno i fondi del Pnrr e gli altri fondi aggiuntivi per il Giubileo. E verosimilmente anche le risorse per competere seriamente per portare a Roma l’Expo 2030. «Una configurazione astrale davvero favorevole» aveva commentato lo stesso Gualtieri in un’intervista a Il Messaggero, solo pochi giorni fa. Che adesso va sfruttata al meglio, e non solo per ripulire la città, cosa che il neosindaco si impegna a fare al massimo in 18 mesi. 

Il suo bagaglio professionale e gli strumenti che il governo sta per assegnargli, obbligano Roberto Gualtieri ad avere un orizzonte che guardi oltre le buche, i rifiuti, le erbacce e i cinghiali. La strategia dovrà essere quindi volta al rilancio della Capitale nel mondo, all’attrazione di capitali, di aziende, di agenzie europee, di eventi di rilievo internazionale. Alcune settimane fa, su queste colonne, evidenziammo la necessità di mandare in Campidoglio «una figura capace di coniugare l’amore per la Capitale con le più avanzate tecniche manageriali. Un direttore d’orchestra, per dirigere una squadra di manager specializzati nei settori di competenza».

Roberto Gualtieri ha indubbiamente il profilo giusto, ma il dato dell’affluenza di ieri carica di nuove responsabilità il suo mandato, ed è questa la seconda sfida che dovrà affrontare. A Roma ha votato circa l’8 per cento di elettori in meno rispetto alle due settimane precedenti. La diserzione in massa è avvenuta nei quartieri della periferia romana, dove la fiducia degli elettori è difficile da guadagnare e facilissima da perdere. È tra i palazzoni del VI° municipio e sul lungomare del X° che la disaffezione dei romani è stata più marcata. Tor Bella Monaca e Ostia, sono realtà dove il disagio è maggiore, dove si vota spesso a prescindere dalle ideologie ma spinti dalla fiducia per questo o quel candidato ritenuto in grado di fare qualcosa per il territorio.

Ecco, quella fiducia nella politica dei palazzi è inevitabilmente svanita dopo anni di promesse in campagna elettorale seguita da assenze croniche. Ed è (anche) a queste genti che Roberto Gualtieri deve guardare nei prossimi cinque anni, per ricucire il legame che necessariamente deve tenere uniti i palazzi della politica con le realtà, spesso difficili, dei territori.

È un impegno oneroso, ne sono tutti consapevoli, ma l’occasione è irripetibile: c’è davvero la possibilità di avviare il nuovo Rinascimento di Roma. E di creare un modello vivo di quella “Città ideale” raffigurata nelle opere prodotte da alcuni artisti fiorentini che hanno in comune una curiosa caratteristica: non se ne conosce il nome esatto. Ecco, se dovesse vincere la sua sfida, il nuovo sindaco potrebbe essere il primo a firmare con nome e cognome la raffigurazione della sua città ideale.
 

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