Ragione e dignità/ Le porte chiuse agli italiani e la caccia all’untore

Ragione e dignità/ Le porte chiuse agli italiani e la caccia all’untore

di Mario Ajello
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Martedì 25 Febbraio 2020, 01:32
Da unti a presunti untori. Attenzione, il quadro si sta capovolgendo. La nostra paura verso il cinese, portatore di virus, si sta trasformando nella paura degli altri verso gli italiani. Tra blocchi alle frontiere e ostracismi vari sembra che ora ci tocchi finire nel mirino come appestati.
Trovarsi precipitati in un contesto di diffidenze e di sospetti da parte dei Paesi vicini non solo è un paradosso che stride con lo sbandierato senso comunitario del cosiddetto popolo europeo - no, voi siete ormai i cinesi d’Europa o i sudcoreani del vecchio continente! - ma ci fa indossare panni scomodi e strani. Certamente immeritati. 

Possiamo avere sbagliato nel primo approccio all’epidemia, non tutte le misure di contenimento si sono rivelate azzeccate e la scarsa conoscenza del fenomeno non ha potuto che generare tentativi e abbozzi, ma far passare per presunto untore il Paese che comunque si è mosso per primo e con estrema trasparenza, e che vanta comunque un sistema sanitario funzionante sia pure nelle sue innegabili criticità, appare come minimo una prova di miopia e come massimo un segno di fanatismo. Lo stesso da cui l’Italia deve guardarsi, proprio perché ne è oggetto, evitando di applicarlo ad altri popoli - non esiste il popolo-bacillo! - coinvolti nella medesima emergenza.
Il senso della misura, per farlo mantenere agli altri, non può che cominciare proprio da noi. Non siamo alla peste del Seicento, non c’è bisogno di enfatizzare troppo (ma tantomeno di banalizzare) e occorre evitare che l’autoflagellazione non motivata rischi di fungere da doping nelle mani degli stranieri per muoverci e farci oggetto di pregiudizi e accuse.

IL QUALUNQUISMO
Non fa certamente onore a chi lo applica anti-italianamente il qualunquismo semplicistico e irrazionale sul coronavirus. Ma per smontarne i presupposti, la medicina è quella della pratica della ragione. Dell’offensiva nazionale del buon senso che non deve - come denunciava già Alessandro Manzoni per la peste dei Promessi sposi - «stare nascosto per paura del senso comune». Smontare gli ostracismi si può, senza bisogno di ricorrere alla solita lagna recriminatoria e vittimista del «se la prendono sempre con gli italiani, brava gente», e lo strumento pratico è quello dell’alleanza vera tra politica e scienza. 
Dell’uso dell’eccellenza e della competenza che sono al massimo grado nella testa e nella pancia di questo Paese, anche se da più parti si è tentato sciaguratamente di screditarle in questi anni. Che meriterebbero di concludersi con una reazione illuministica contro la falsa credenza che la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza.
E insomma la lucidità, la piena assunzione di responsabilità, il passaggio dall’incertezza della paura alla fiducia nella medicina sono la profilassi italiana contro ogni tentativo di ostracismo immeritato. Quella capace di scacciare sia i nostri fantasmi sia quelli che gli altri costruiscono su di noi. Non è vero che in Italia, come recita un motto famoso, la situazione è tragica ma non seria. Stare all’altezza della serietà di questa situazione sarebbe un segno di patriottismo che può valere anche oltre il caso specifico del coronavirus. 

SANITÀ AFFIDABILE
Le crisi viste laicamente e razionalmente valutate possono anche essere opportunità - forgiano nuove leadership per esempio, come hanno sempre detto i filosofi - e l’Italia che sta attraversando una fase sonnacchiosa e involuta, tra populismo, tatticismo e assenza di visione e di ambizione, avrebbe la chance di mostrarsi diversa da quella che appare o che è. Con un colpo di reni che ne ribadisca lo status di Paese importante e affidabile. Il morbo, per dirne una, è l’occasione per uscire dalla sindrome della campagna elettorale permanente. E per alzare il livello del discorso politico, se ci si è capaci. Guai per esempio a cadere nello stereotipo di una Linea Gotica tra un nord infetto e un sud libero dal morbo, perché l’unità di destino, in cui rientra tra l’altro la dimensione nazionale del sistema sanitario, è un fattore di forza irrinunciabile.

I FATTORI DI FORZA
Camillo di Cavour disse nel discorso parlamentare del 16 aprile 1853 che «il primo bene di un popolo è la dignità». Al solito, aveva ragione. La dignità nazionale bisogna saperla conquistare - e l’Italia ha dato spesso prova di riuscirci specie nelle fasi di emergenza - e saperla far rispettare, come è diritto e dovere di un grande Paese.
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