di Carlo Nordio
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Giovedì 7 Novembre 2019, 00:31
L’oziosa e inconsistente distinzione tra insicurezza reale e insicurezza percepita ha subito una dura smentita dopo l’ennesima rapina nel quartiere romano di Cinecittà Est, dove solo la pronta reazione del tabaccaio ha sventato una rapina a mano armata eseguita da due pregiudicati. 

Negli ultimi tempi, infatti, varie parti politiche avevano ventilato la tesi che l’allarme sociale determinato dalla microcriminalità fosse il frutto ingannevole di una malizia interessata, mentre invece i reati sarebbero in diminuzione e le nostre città sarebbero più tranquille. In altre parole questa paura “percepita” sarebbe stata evocata ad arte, per giustificare provvedimenti come la riforma sulla legittima difesa, che alcuni hanno addirittura qualificato come una «licenza di uccidere». 

Ora invece la reazione del tabaccaio Zhou Chaokang e il soccorso che gli hanno prestato alcuni avventori presenti, dimostrano che ormai la situazione è così esasperata che i cittadini, sentendosi abbandonati in una impotente solitudine, tendono non a farsi giustizia, ma semplicemente a proteggersi da soli. 
Tralasciamo la contabilità sul numero dei reati. Secondo alcuni sarebbero, come si è detto, in diminuzione.

Secondo altri, invece, si tratta di un calcolo fittizio, perché molti non vengono più nemmeno denunciati. È un fatto comunque che, anche ammesso che in certe zone urbane l’aumento dei controlli abbia ridotto le aggressioni, queste si sono concentrate nelle zone meno tutelate: a Roma, i recenti fatti di Manuel Bortuzzo, di Luca Sacchi, e di tanti altri via via fino a quello di martedì, dimostrano che, come nei vasi comunicanti, la delinquenza non cala: cambia semplicemente bersagli e direzione. Che questo avvenga ormai quasi quotidianamente proprio nella Capitale d’Italia è un elemento aggiuntivo di preoccupazione e di sconforto. 

Ma vi è un altro punto da considerare. L’aiuto prestato dai clienti al tabaccaio aggredito può essere infatti letto in due modi. Come impegno solidale ad assistere una persona in difficoltà, e conseguentemente come espressione di civismo attivo e consapevole. Oppure come manifestazione estrema di disagio e di paura, che, nella solitudine delle periferie, determina reazioni istintive e persino imprudenti. Imprudenti non per il rischio (peraltro sempre presente) di essere indagati, ma per quello di buscarsi una pistolettata per difendere il modesto incasso di un esercente che in certi casi neanche conosci.

In questo secondo caso dovremmo domandarci se il momento difficile che sta vivendo Roma, coniugando l’insicurezza con la sensazione di abbandono e di isolamento - nonché con la prostrazione che i romani vivono sulla loro pelle per il non governo della loro città - non costituisca una miscela esplosiva che possa compromettere ulteriormente l’immagine della Capitale del Paese. Lo sventato pericolo - certificato dalla Cassazione - che la Città Eterna fosse sotto il governo dalla mafia potrebbe cedere il posto alla sensazione che non vi sia governo alcuno, e che il cittadino sia lasciato, nei momenti di panico, a sbrogliarsela da sé. 

Vi è infine un rischio ulteriore. Che sia proprio la criminalità a “percepire” la sensazione di un vuoto di presenza istituzionale, e che questa criminalità, ormai organizzatasi con criteri imprenditoriali di distribuzioni di compiti e di programmazione di profitti, si insinui in queste isole abbandonate con sempre maggiore invadenza sorretta da una sostanziale impunità. 

Perché a fermarla non basteranno certo le reazioni dei cittadini, sia che vengano intese come soccorso solidale sia che esprimano, come s’è detto, una furia esasperata. Nè serviranno le minacciose edittazioni di inasprimenti di sanzioni e di fermi propositi repressivi, perché nel nostro sfasciato sistema giudiziario si è visto che la certezza della pena è un’aspirazione metafisica, mentre la riforma per abbreviare i processi è di là da venire. 

L’unico rimedio, è persino banale ripeterlo, è il controllo territoriale, con la presenza assidua e rassicurante delle forze dell’ordine equipaggiate, addestrate e motivate in modo adeguato. Vasto programma, di cui il progetto della legge finanziaria pare occuparsi poco, o non occuparsi affatto.

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