Pensioni, aumenta l'età: per le donne due anni in più

Pensioni, aumenta l'età: per le donne due anni in più
di Luca Cifoni
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Martedì 29 Dicembre 2015, 10:26 - Ultimo aggiornamento: 10:07
ROMA Un salto di 18 mesi per le lavoratrici, a cui se ne aggiungono altri quattro che riguardano anche gli uomini. Se la legge di Stabilità che sta per entrare in vigore contiene limitate novità in tema di pensioni, il 2016 sarà l’anno in cui scattano invece passaggi importanti della riforma Monti-Fornero, destinatati a penalizzare soprattutto le donne. Dal primo gennaio infatti quelle che lavorano nel settore privato vedranno l’età della pensione scattare dai 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 3 mesi. Ma siccome poi per maschi e femmine questo sarà anche l’anno di un nuovo incremento di 4 mesi di tutti i requisiti, legato alla crescita della speranza di vita, ecco che l’età effettiva passa per le dipendenti private a 65 anni e 7 mesi, con un balzo di 22 mesi. Quasi due anni. Mentre per gli uomini e le lavoratrici del settore pubblico, che avevano già raggiunto i 66 anni e 3 mesi in precedenza, l’asticella passerà a 66 e 7 mesi. Ma non finisce qui: il meccanismo che collega le regole previdenziali all’aumento della durata della vita si applica non solo al quando, ma anche al quanto della pensione. Così sempre dal prossimo primo gennaio cambieranno i coefficienti usati per trasformare in rendita la quota contributiva della pensione maturata (in realtà ancora piccola per la maggior parte dei lavoratori): il risultato è una riduzione di questa componente dell’assegno dei futuri pensionati, nella presunzione che l’assegno stesso sia percepito più a lungo.

LA PARIFICAZIONE
La diversità di requisiti per la pensione di vecchiaia dipende dalla scelta fatta proprio nel 2011 di uniformare il trattamento di uomini e donne. Queste ultime fino a qualche anno fa avevano il diritto a uscire a 60 anni, aspettando però altri 12-18 mesi per il cosiddetto meccanismo delle finestre. La parificazione per le dipendenti pubbliche era già avvenuta in modo brusco a seguito di una sentenza europea: per le private è stato invece fissato un percorso un po’ più graduale di avvicinamento ai 66 anni di fatto degli uomini, percorso che risulta però inasprito proprio dalla necessità di tenere conto anche dell’aspettativa di vita. Il prossimo e penultimo scatto è previsto nel 2019, quando l’età per la vecchiaia salirà a 66 e 7 mesi, mentre la parità (non si sa quanto ambita in questo caso) dovrebbe essere raggiunta nel 2021 a quota 67 anni e 2 mesi. Il cammino delle lavoratrici autonome, partite da una soglia di età più avanzata, è più lento: quest’anno erano a 64 anni e 9 mesi e il prossimo saranno a 66 e 1 mese, sperimentando dunque un aumento di 1 anno, più i 4 mesi della speranza di vita. Quest’ultimo incremento si applica anche al requisito contributivo per la pensione anticipata, che può essere conseguita indipendentemente dall’età (e senza penalizzazioni anche prima dei 62 anni, fino al 2018): per gli uomini serviranno dal 2016 42 anni e 10 mesi di contributi, per le donne - che anche negli anni futuri conserveranno questo piccolo vantaggio - solo 41 e 10mesi. Più tecnica la novità legata ai coefficienti di trasformazione. Questi valori servono a determinare la pensione contributiva in base all’età in cui viene conseguita: sostanzialmente indicano per quanti anni l’assegno sarà percepito e “spalmano” di conseguenza il montante maturato. La variazione del 2016 determina una piccola riduzione degli importi conseguiti, rispetto a quelli di chi è andato n pensione fino al 2015. Nella maggior parte dei casi però l’effetto è minimo, visto che i lavoratori e le lavoratrici che avevano almeno 18 anni di carriera al primo gennaio 1996 (lo spartiacque della riforma Dini) si vedono calcolare il trattamento con il metodo contributivo solo per i contributi versati dal 2012 in poi, mentre per la restante e ben maggiore quota il calcolo è retributivo. Più significativo l’impatto per chi ricade nel cosiddetto sistema misto, avendo avuto meno di 18 anni di lavoro nel 1996: il calcolo contributivo scatta da questa data.

CHI È GIÀ A RIPOSO Tutte queste novità riguardano chi in pensione ci deve ancora andare. E chi è già a riposo? Nel 2016 succederà poco o nulla e questa in un certo senso è una notizia perché per la prima volta non ci saranno aumenti legati all’inflazione. L’indice piatto (ed anzi tendenzialmente negativo) del 2015 inchioda infatti i trattamenti al loro valore nominale di quest’anno. Avranno un incremento solo coloro che essendo stati colpiti dalla mancata rivalutazione per gli anni 2012 e 2013 attendono da gennaio un ultimo piccolo scatto legato alla (molto parziale) restituzione decisa dal governo a seguito della sentenza della Corte costituzionale. 
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