Welfare, basta sussidi: vince il mix Stato-privato

Welfare, basta sussidi: vince il mix Stato-privato
di Marco Barbieri
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 03:24
Il Welfare non può ridursi all’erogazione di sussidi. Tanto per echeggiare il monito di Mario Draghi a Rimini. Non solo perché essi rischiano di generare un debito “cattivo” che finirebbe per pesare sui giovani, sulla loro libertà, sul loro reddito futuro. Ma soprattutto perché il “nuovo” Welfare è destinato a essere sempre più un mix di protezione pubblica e privata, locale e nazionale (o addirittura sovranazionale, visti gli ultimi segnali europei), sociale e aziendale.

I NUMERI

I sussidi servono a sopravvivere nelle fasi di emergenza. Il ritorno del Welfare State è inevitabile (e auspicabile) nei momenti eccezionali, in cui le comunità e il Paese intero versano in stato di bisogno. Il ruolo del pubblico è e resterà insostituibile. Le iniziative di protezione sociale che hanno riguardato le erogazioni dell’Inps fino ad ora hanno superato di molto i 22 miliardi, tra cassa integrazione, reddito di emergenza, bonus baby sitter o bonus colf e badante. Si calcola che siano stati almeno 14 milioni gli italiani che ne hanno beneficiato (al netto del tempo, cioè dell’efficienza con cui la macchina burocratica ha liquidato la prestazione). Una montagna di denaro e una massa enorme di cittadini. Ai quali si aggiungono quelli “assistiti” dalle Casse professionali, dalle iniziative di sostegno delle amministrazioni locali, dagli aiuti erogati dalle Fondazioni (aziendali o ex bancarie). E dal flusso di prestazioni che in questi mesi sono state aggiornate e implementate dal fronte assicurativo e mutualistico e aziendale. Insomma, anche nella fase della pandemia abbiamo avuto la conferma che il Welfare del Paese non è più un monolite “statale”. Somiglia sempre più a un caleidoscopio di servizi e prestazioni, personalizzate, adattate alle specificità e alle prerogative delle comunità e dei territori.

 

I SETTORI

Il Welfare State è ancora vivo e vegeto nel nostro Paese, se tra previdenza, sanità e assistenza sociale vengono erogati servizi che complessivamente hanno un valore di circa 500 miliardi di euro (dato rielaborato da The European House – Ambrosetti, per l’ultima edizione di Welfare, Italia). Cifre che si riferiscono ai tempi ordinari. Prima del coronavirus. Ma è altrettanto consolidata la certezza che il settore privato è parte fondamentale per assolvere la vocazione universale del sistema di welfare. Nonostante l’ammontare complessivo della spesa privata sia ancora limitato – i dati OCSE indicano che in Italia ammonta al 6,3% della spesa totale – la componente privata svolge un ruolo chiave in tutte le componenti del sistema.

 

I SEGMENTI

A fine 2019 sono infatti censiti poco più di 8 milioni di aderenti a forme di previdenza complementare (il 30% della forza lavoro), poco meno di 2 milioni di lavoratori beneficiano dei servizi di welfare aziendali. Se la previdenza complementare sconta tassi di adesione ancora bassi, la quota di forza lavoro scende al 22% considerando i soli lavoratori che hanno versato contributi ed escludendo le adesioni per sola via contrattuale, la sanità vede già oggi un ruolo fondamentale del privato. Complessivamente, il segmento della sanità integrativa coinvolge quasi 13 milioni di beneficiari nel 2019. Di questi il 46% è legato ai fondi sanitari integrativi. Seguono i fondi in autogestione e le casse professionali (24% e 16% degli aderenti). Infine, polizze individuali e mutue raggiungono solo il 12% e il 3% del bacino di utenza. Un sistema frammentato che muove complessivamente investimenti finanziari per oltre 900 miliardi di euro, secondo il settimo Report di Itinerari previdenziali: «Gli Investitori Istituzionali operanti nel welfare contrattuale (Fondi negoziali, Preesistenti e Casse sanitarie), in quello delle libere professioni (Casse Privatizzate) e nel welfare di prossimità o territoriale (Fondazioni di origine bancaria) evidenziano per il 2019 un patrimonio che ammonta a 260 miliardi di euro, con un incremento annuale di 17 miliardi (+7%)». A questi Investitori si aggiungono i soggetti operanti nel welfare cosiddetto privato e cioè i Fondi Pensione Aperti, i Piani di Previdenza Individuali (PIP) e le Compagnie di Assicurazione relativamente al ramo vita; in totale il patrimonio di questi soggetti ammonta a 656 miliardi con un incremento di 38 miliardi di euro rispetto ai 618 del 2018. Sommando il welfare contrattuale e le Casse e Fondazioni al welfare privato, il patrimonio totale raggiunge i 917 miliardi, rispetto agli 861 del 2018, con un incremento del 6,4 per cento.

 

I BISOGNI

Rispondere ai diversi bisogni sociali della famiglia richiede oggi di non limitarsi ad utilizzare le prestazioni del welfare pubblico, non solo perché risulta essere in progressiva contrazione e/o peggioramento, ma soprattutto perché la domanda di servizio e di protezione sociale si è fatta sempre meno massificata. È questa l’opinione espressa dal 76,7% dei “caregiver” intervistati per il Rapporto Ermeneia-Assimoco 2019. L’esplorazione di altri sistemi di welfare rappresenta una modalità per ottenere risposte maggiormente adeguate: è di questo parere il 72,4% degli intervistati. Se il welfare pubblico resta “privilegiato” (ci conta il 50,7%), tuttavia viene riconosciuto, subito dopo, il ruolo importante del welfare familiare e interfamiliare cioè la capacità di copertura che risulta legata al livello di reddito e/o al patrimonio della famiglia insieme al welfare fornito dalle altre generazioni. Segue il welfare assicurativo privato in tutti i suoi aspetti (copertura dei beni posseduti, del rischio salute, degli infortuni, della vita, della pensione integrativa, dei piani di accumulo di capitale). Infine, al quarto posto viene collocato il welfare di territorio, su cui convergono il welfare di volontariato, il welfare di vicinato, il welfare che deriva da cooperative, associazioni o gruppi spontanei di famiglie e il welfare aziendale o di categoria. Questa frammentazione di erogatori e di servizi di welfare richiedono sempre più una digitalizzazione delle reti e dei sistemi, per evitare sovrapposizioni e scongiurare sprechi. Il nuovo welfare non potrà non essere digitale e digitalizzato. Non solo per assicurare il monitoraggio e l’efficienza dei soggetti pubblici e privati che operano ma per suggerire modifiche e aggiornamenti sulle richieste di prestazione. L’innovazione non può non riguardare anche i sistemi di welfare (pubblici e privati). A esempio sul fronte dei servizi alla persona, frontiera inevitabile delle prestazioni presenti e future. E sulla necessaria integrazione di welfare aziendale e welfare di territorio e di comunità.
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