Un aumento di stipendio, a regime, leggermente superiore al 4 per cento; che vuol dire su una retribuzione media di 34.250 euro lordi l’anno un incremento effettivo pari a circa 107 euro mensili, sempre in termini lordi. L’offerta del governo ai dipendenti pubblici è dettagliata nero su bianco - e in qualche modo ufficializzata - nella relazione tecnica al disegno di legge di bilancio appena inviato in Parlamento. Ma è ritenuta insufficiente dai sindacati, che in realtà contestano i calcoli dell’esecutivo e quantificano l’importo dell’aumento in 83 euro lordi, leggermente meno di quanto i lavoratori pubblici ottennero nella precedente tornata di rinnovi contrattuali.
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LA SITUAZIONE
Va infatti ricordato che anche stavolta la trattativa (finora nemmeno iniziata sul piano formale) si svolgerà in extremis, nell’ultimo anno di validità dell’attuale contratto relativo agli anni 2019-2021.
L’OFFERTA
Perché l’offerta del governo non piace ai sindacati, che hanno proclamato lo sciopero per il prossimo 9 dicembre? Secondo le sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil i dipendenti pubblici «chiedono aumenti salariali in linea con la condizione economica delle famiglie e, soprattutto, di non vedersi sottratte dalla busta paga somme già erogate in questo momento». Il riferimento al fatto che le somme stanziate comprendono anche altre voci: l’indennità di vacanza contrattuale scattata dal 2019, il cosiddetto “elemento perequativo” (una ulteriore maggiorazione riconosciuta nella precedente tornata) e i fondi destinati al salario accessorio di militari e forze di polizia. Questi elementi verrebbero “assorbiti” negli aumenti rendendoli di fatto più bassi rispetto alla situazione attuale: appunto 83 euro mensili in media, secondo il calcolo del sindacato Unsa. Con il precedente rinnovo, i dipendenti pubblici avevano avuto in media 85 euro lordi al mese in più, ovvero un incremento del 3,48%.