Sì al lavoro agile. Ma a patto che non determini nelle amministrazioni pubbliche un abbassamento della qualità dei servizi resi. Per misurare l'efficacia di questi ultimi si coinvolgeranno anche cittadini e imprese. Prende corpo il piano del neo ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta per disciplinare lo smart working nella Pa dopo mesi di Far West. Si guarda alla fase post-Covid: il lavoro agile verrà regolamentato dal punto di vista normativo ed economico nei futuri contratti collettivi nazionali per il pubblico impiego, però non sarà più imbrigliato a rigide percentuali.
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NUOVO PASSO
I Piani organizzativi per il lavoro agile voluti dall'ex ministra Fabiana Dadone prevedono che almeno il 60 per cento degli statali smartabili lavorino da remoto.
I TEMPI DI RISPOSTA
Risultato, negli enti meno efficienti i lavoratori agili si conteranno sulle dita delle mani, mentre in quelli più performanti la percentuale di smartabili impiegati da remoto potrà salire ben al di sopra del 60 per cento. Resta da vedere come verranno misurate da un lato le performance dei lavoratori agili e dall'altro quelle delle amministrazioni pubbliche alle prese con lo smart working. L'intenzione è di coinvolgere nel processo di valutazione sia gli utenti interni che esterni, ossia dirigenti e funzionari pubblici, cittadini e imprenditori. I tempi di risposta e di rilascio delle pratiche potrebbero essere uno dei criteri sulla base dei quali verranno effettuate le valutazioni.