(Teleborsa) - Sono quasi triplicati i lavoratori in smart working in Italia per effetto della pandemia: da meno di 2,5 milioni del periodo pre-Covid (11% del totale) agli oltre 7,2 milioni attuali (32,5% del totale). Lo rivela l'INAPP - Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche pubbliche in un policy brief intitolato "Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori".
L'indagine Plus, realizzata su un campione di oltre 45mila interviste (dai 18 ai 74 anni) nel periodo marzo-luglio 2021, rilevela che quasi il 50% di coloro che lavorano in smart working è impegnato in tale modalità da 3 a 5 giorni a settimana e solo l'11,6% per un solo giorno. Gran parte del lavoro da remoto si è realizzato su base fiduciaria: per quasi il 37% dei lavoratori da remoto non c'è stata alcuna formalizzazione, solo per il 16,5% è stato frutto di un accordo collettivo e per il 14,3% di un accordo individuale.
"Non sappiamo quale sia l'atteggiamento dei lavoratori verso tutti i molteplici aspetti che costituiscono la modalità dello 'smart working', ma sappiamo da questa indagine quale sia l'atteggiamento dei lavoratori nei confronti del lavoro 'da remoto' così come è andato configurandosi sotto la frustata della pandemia", spiega Sebastiano Fadda, presidente Inapp.
"Nel complesso la valutazione dei lavoratori è positiva - aggiunge - anche se si manifestano alcune criticità in relazione ad alcuni aspetti, come ad esempio il problema della disconnessione e dei costi delle utenze domestiche".
Il lavoro agile piace ma...
Questa modalità di lavoro sembra piacere ai più. Il 55% dei lavoratori esprime un giudizio positivo sull'esperienza complessiva di lavoro da remoto, ma su alcune specifiche questioni le valutazioni sembrano evidenziare criticità: isolamento, rapporti con i colleghi, costi delle utenze domestiche. Il 46% dei lavoratori vorrebbe anche continuare a svolgere la propria attività in modo agile almeno un giorno e quasi 1 su 4 pr tre o più giorni a settimana.
Investire in smart working
Molteplici sono state le modalità organizzative introdotte per agevolare e sostenere il lavoro da remoto: dalla predisposizione di piattaforme digitali per lo svolgimento delle riunioni a distanza alla foritura di dispositivi informatici. L'attivazione di protocolli di sicurezza informatica ha interessato oltre il 56% dei datori di lavoro ed in vista di un uso anche in futuro di questa modalità di lavoro, si è investito in formazione (46,8%) ed attrezzature ergonomiche (25,7%).
A proposito del rischio di connessione continua, il settore privato appare più virtuoso (65% dprivato 50,1% pubblico) mentre rispetto alla connessione any-time la quota è più bassa del pubblico ipiegoi ( 26,9% pubblico 34,5% privato). In merito alla possibilità di fare brevi pause, una quota particolarmente elevata (78,2%) non manifesta criticità, ma oltre il 49% dichiara di potersi disconnettere solo per la pausa pranzo.
Cambia la geografia dei territori
Qualora il lavoro agile entrasse a regime, si aprirebbero nuove prospettive sul futuro delle città e dei territori: oltre 1/3 degli occupatiha dichiarato che si sposterebbe in un piccolo centro; 4 persone su 10 invece si trasferirebbero in un luogo isolato a contatto con la natura. Inoltre, pur di lavorare da remoto 1 lavoratore su 5 accetterebbe una eventuale penalizzazione nella retribuzione, segno che un ipotetico miglioramento nella qualità della vita presenta un valore aldilà di quello economico.
Smart workers triplicati con pandemia. Lavoro agile piace agli itaiani
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Mercoledì 26 Gennaio 2022, 14:30
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