Stop alla ricerca di un lavoro per i percettori del reddito di cittadinanza privi di un’istruzione adeguata. Questa una delle soluzioni su cui si sta ragionando per rimettere il sussidio in carreggiata: la formazione avrà la precedenza. In altre parole scatterebbe un nuovo obbligo: per avere al diritto al sussidio sarà necessario essere in un percorso lavorativo o quanto meno studiare. La percentuale dei percettori soggetti al patto per il lavoro con al massimo la terza media supera il 70 per cento, mentre meno del 3 per cento è laureato. Così su più di un milione di beneficiari ritenuti occupabili appena 200 mila avevano un contratto di lavoro attivo a ottobre del 2020, secondo gli ultimi dati rilasciati dall’Anpal (atteso per aprile un quadro più aggiornato).
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Per invertire la tendenza si punterà sul rendere più facilmente accessibile l’assegno di ricollocazione, che sempre stando ai dati dell’Anpal ha raggiunto tra marzo e la fine di novembre dello scorso anno un pugno di persone, 430 percettori del reddito di cittadinanza.
#nuovo decreto, ipotesi ristoranti aperti a pranzo: misure da zona gialla dove i contagi sono più bassi https://t.co/pocCNPYcKv
— Il Messaggero (@ilmessaggeroit) March 30, 2021
«Percepisci il reddito di cittadinanza? Bene, ti obblighiamo a lavorare»
Il confronto
È ancora presto tuttavia per dire se il taglio degli attivabili rientrerà tra le modifiche che il ministero del Lavoro sposerà per cercare di migliorare il sussidio e che sono oggetto di confronto anche con il ministero dell’Istruzione e con gli esperti del Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza. Ma come già sottolineato nei giorni scorsi dal ministro Andrea Orlando una delle priorità del governo è proprio quella d’intervenire in questa fase sull’accesso all’istruzione e alla formazione delle persone con livelli di bassa scolarizzazione. Il sussidio si è rivelato un efficace aiuto anti-Covid da quando è deflagrata la pandemia e con il decreto Sostegni l’esecutivo lo ha rifinanziato con 1 miliardo di euro in vista di un possibile ulteriore aumento dei percettori dovuto al perdurare dell’emergenza. È stato anche introdotto una sorta di bonus per dare una spinta agli inserimenti lavorativi: i sussidiati che accettano di lavorare (per un periodo non superiore a sei mesi) poi possono tornare a ricevere il reddito di cittadinanza con lo stesso importo a cui avevano diritto precedentemente. Si tratta del primo ritocco alla misura operato da questo governo, che punta anche a rafforzare i centri per l’impiego e a coinvolgere sempre di più le agenzie per il lavoro private.
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