Sale la pressione fiscale nel quarto trimestre del 2020. Il rapporto percentuale tra la somma di imposte dirette e indirette e i contributi sociali e il Prodotto interno lordo è stata pari al 52% (il dato più alto dal 2014), in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al 50,7% dello stesso periodo dell'anno precedente. L'incremento, spiega l'Istat, è avvenuto «nonostante la riduzione delle entrate fiscali e contributive» ed è sostanzialmente dovuto al crollo registrato dal Pil a causa dell'emergenza Covid (-6,6% il calo nel quarto trimestre e -8,9% nell'intero anno). Se si considera tutto il 2020 la pressione fiscale si è attestata invece al 43,1% del Pil (42,4% nel 2019). Sale anche l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil: è stato pari al 5,2 contro l'1,9% dello stesso periodo del 2019.
LE ENTRATE
«Come nei primi nove mesi dell'anno, l'incidenza del deficit delle Amministrazioni pubbliche sul Pil è sensibilmente aumentata in termini tendenziali per la riduzione delle entrate e per il consistente aumento delle uscite, dovuto alle misure di sostegno al reddito di famiglie e imprese - spiega l'Istat -. Il reddito disponibile delle famiglie ha segnato, dopo il recupero del terzo trimestre, un nuovo calo che si è tradotto in una riduzione del potere di acquisto - prosegue l'istituto -. Il tasso di risparmio è nuovamente aumentato nel quarto trimestre, per la più accentuata contrazione della spesa per consumi finali delle famiglie».
IL RISPARMIO
«Anche nel quarto trimestre del 2020 si riduce il reddito disponibile delle famiglie a causa del perdurare della crisi pandemica», sottolinea Confesercenti. «Ma ciò che preoccupa ulteriormente è che i consumi diminuiscano di quasi un punto percentuale in più, a riprova del perdurare di un diffuso senso d'incertezza rispetto al futuro prossimo che induce ad aumentare il risparmio, anche precauzionale, e della difficoltà a poter spendere a causa del protrarsi delle limitazioni, soprattutto del comparto turistico».
L'INDUSTRIA
Intanto, l'indagine del Centro studi di Confindustria conferma le difficoltà dell'economia italiana. A marzo si è interrotta infatti la crescita dell'attività nell'industria (-0,1%, dopo +0,6% in febbraio e +1,0% in gennaio), anche se nei primi tre mesi del 2021 si stima un incremento dell'1% rispetto al trimestre ottobre-dicembre. Nell'analisi dell'associazione degli imprenditori si afferma tuttavia che «nonostante l'aumento delle restrizioni in Italia l'industria conferma una buona tenuta». Ma con l'area dei servizi «ancora in forte sofferenza», prosegue l'analisi, è ora «cruciale che la campagna vaccinale proceda in maniera rapida ed efficiente». Se invece «ciò non dovesse accadere il rischio è che l'attesa ripresa tardi ancora ad avviarsi».
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