Pensioni, l'assegno perde l'1% a causa dell'inflazione: governo al lavoro per nuovi aiuti

La crescita effettiva dei prezzi nel 2022 è più alta delle stime per la rivalutazione

Pensioni, l'assegno perde l'1% a causa dell'inflazione: governo al lavoro per nuovi aiuti
Pensioni, l'assegno perde l'1% a causa dell'inflazione: governo al lavoro per nuovi aiuti
di Luca Cifoni
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Domenica 8 Gennaio 2023, 21:56 - Ultimo aggiornamento: 9 Gennaio, 12:19

Percentuali alla mano, manca quasi un punto. Con i dati sull’andamento dell’inflazione a dicembre l’Istat ha fornito anche la variazione media relativa al 2022, che ha toccato quota 8,1 per cento ovvero il livello più alto dal 1985. Non è una semplice curiosità statistica: l’aumento medio serve da riferimento per una serie di prestazioni che vengono rivalutate annualmente, a partire dalle pensioni. Solo che nel caso degli assegni previdenziali l’operazione di adeguamento viene impostata in anticipo sulla base di una stima provvisoria, in modo da poter scattare nel mese di gennaio. A metà novembre un decreto ministeriale aveva fissato il tasso di rivalutazione nel 7,3 per cento. Da allora però sono successe due cose: l’esecutivo ha rivisto le regole tagliando l’adeguamento ai trattamenti di importo superiore a 2.100 euro lordi mensili e appunto l’istituto di statistica ha reso noto l’andamento annuale. Così tra il 7,3 per cento usato come base per i calcoli e l’8,1 emerso a consuntivo si è aperta una forbice pari allo 0,8 per cento di mancato recupero dell’inflazione, a partire proprio dalle pensioni più basse che l’aumento l’hanno già avuto. Parliamo di importi non giganteschi ma nemmeno trascurabili per chi ha redditi relativamente bassi: su un assegno di 1.500 euro lordi mensili la quota di incremento mancante ne vale 12, che diventano oltre 150 su base annuale.

LE NORME

Cosa succederà ora? La legge prevede che l’eventuale differenza tra previsione e variazione effettiva sia restituita l’anno successivo, e dunque in questo caso a inizio 2024, insieme con gli arretrati e con il recupero nel frattempo scattato per l’ulteriore inflazione accertata nel corso del 2023. L’anno scorso però l’esecutivo allora in carica aveva fatto una scelta diversa, riconoscendo già dall’autunno lo scarto con l’inflazione effettiva stimata per il 2021, che in quel caso però risultava più basso: 0,2 per cento rispetto ad un incremento già riconosciuto in misura dell’1,7%, in una fase di corsa dei prezzi ancora non così frenetica.

Soldi che comunque sarebbero dovuti andare agli interessati e quindi anche da un punto di vista contabile sono stati semplicemente anticipati.

I SEGNALI

La linea del governo Meloni è guardare con attenzione l’andamento dell’inflazione nei primi mesi dell’anno. Naturalmente si spera che i segnali di raffreddamento si consolidino. La previsione alla base della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza vede un indice dei prezzi al consumo in crescita media del 5,4 per cento nel corso di quest’anno. Il solo effetto di trascinamento del 2022, sempre secondo le valutazioni dell’Istat, assorbe già quasi tutta la variazione: insomma si arriverebbe a quei livelli anche solo con un andamento piatto nel corso dell’anno (come sintesi tra i probabili aumenti dei primi mesi e gli eventuali cali dei successivi). Se però emergerà una situazione di sofferenza prolungata per le famiglie allora Palazzo Chigi e ministero dell’Economia prenderanno in considerazione nuovi interventi, che nel caso dei pensionati potranno avere la forma del recupero anticipato dell’eccesso di inflazione del 2022.

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L’INDICE

Sul piano tecnico, l’indice usato per l’adeguamento delle pensioni non è quello per l’intera collettività (Nic) ma il Foi (“famiglie operai e impiegati” nella versione senza tabacchi) il cui andamento definitivo sarà reso noto tra una decina di giorni: il valore medio dovrebbe comunque attestarsi allo stesso 8,1 del Nic o al massimo un decimale più in basso. Intanto i titolari di pensione di importo superiore ai 2.100 euro lordi, ovvero quattro volte il trattamento minimo Inps, sono ancora in attesa del loro adeguamento all’inflazione, riconosciuto non al 100 per cento ma in percentuali decrescenti al crescere del reddito, con decurtazioni molto rilevanti per quelle più elevate (32 per cento della rivalutazione per gli assegni oltre 10 volte il minimo, quindi oltre i 5.250 euro mensili lordi). La “scaletta” è stata modificata nel corso dell’esame parlamentare e questo fatto ha costretto l’Inps a rivedere in corsa le operazioni di conteggio. Quindi la rivalutazione è stata riconosciuta da gennaio alle pensioni più basse, fino a appunto alla soglia di 2.100 euro lordi al mese, mentre per quelle di importo superiore l’aumento, nella versione decurtata, dovrebbe arrivare da febbraio. Il meccanismo di adeguamento - più penalizzante rispetto a quello in vigore prima che intervenisse la legge di Bilancio - si applicherà per il quest’anno ed anche per il 2024. In questo modo il bilancio Stato recupererà una parte delle ingenti risorse assorbite dalla necessità di fare fronte ad un’inflazione decisamente anomala rispetto a quella degli anni precedenti.

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