Pensioni, il dopo Quota 100: per uscire a 62 anni servono 2,5 miliardi, in arrivo il maxi fondo. Cosa cambia

Pensioni, il dopo Quota 100: per uscire a 62 anni servono 2,5 miliardi, in arrivo il maxi fondo. Cosa cambia
Pensioni, il dopo Quota 100: per uscire a 62 anni servono 2,5 miliardi, in arrivo il maxi fondo. Cosa cambia
di Andrea Bassi
6 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Settembre 2021, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 11:42

Il progetto è sul tavolo del ministro dell’Economia, Daniele Franco. Un fondo per “accompagnare” i lavoratori che si troveranno a fine anno a dover affrontare lo scalone previdenziale dovuto alla fine di Quota 100. Il progetto prevede l’uscita a 62-63 anni con 38-39 di contributi. Il punto di caduta finale è ancora allo studio. Al piano è stato elaborato dai tecnici della Lega, guidati dall’ex sottosegretario all’economia Claudio Durigon, ma al Tesoro la definiscono una ipotesi «credibile». Il principale nodo restano, come per tutte le misure che dovranno essere inserite nella manovra di bilanci o (si veda altro articolo a pagina 2), quello delle risorse economiche. Il costo della misura a regime sarebbe tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro. L’anticipo pensionistico attraverso il fondo resterebbe in vigore per tre anni, dal 2022 al 2024. 


Il costo iniziale sarebbe comunque abbastanza contenuto: 400 milioni per il primo anno. Poi crescerebbe gradualmente il secondo e il terzo anno di applicazione. Da dove dovrebbero arrivare i soldi? Per adesso le uniche risorse certe della prossima manovra di bilancio sono i circa 3 miliardi di euro accantonati per la riforma fiscale. Riforma che, tuttavia, sarà rimandata ad una legge delega i cui decreti attuativi avranno un andamento lento negli anni. Insomma, qualcuno all’interno del governo avrebbe già proposto di usare i soldi accantonati per la riforma per evitare il ritorno alla Fornero e lo scalone previdenziale. Ma non è un passaggio semplice. Leu, per voce del sottosegretario Cecilia Guerra, ha chiesto di usare quei soldi per anticipare il taglio delle tasse. Italia Viva, tramite il presidente della Commissione finanze Luigi Marattin, chiede che le risorse siano destinate all’eliminazione dell’Irap.
 

Lo scivolo
Un anticipo
di 4 anni

Sul tavolo del governo c’è la costituzione di un fondo nazionale per il prepensionamento.

Fonti del Tesoro confermano che si tratta di un’ipotesi concreta di lavoro. Come funzionerebbe questo fondo? Innanzitutto sarebbe una misura temporanea. Rimarrebbe in vigore solo dal 2022 al 2024. Il fondo erogherebbe una prestazione pari alla pensione calcolata con gli stessi criteri di Quota 100, fino a quando il lavoratore non maturerà i requisiti necessari per passare a carico dell’Inps. A quanti anni e con quanti contributi si potrà uscire? Si tratta ovviamente di un tema oggetto di discussione. La proposta elaborata dai tecnici della Lega prevede di replicare i parametri di Quota 100: 62 anni e 38 di contributi. Ma le soglie sia dal lato dell’età anagrafica che di quella contributiva potrebbero essere elevate per arrivare a quota 101 o 102. Comunque nel caso di un lavoratore con 62 anni e 38 di contributi, la prestazione a carico dello Stato durerebbe 4 anni e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi per le donne. Lo strumento dovrebbe essere utilizzato anche per le imprese in crisi e per quelle impegnate nella transizione verde e in quella digitale. 

Lavori usuranti
Uno “sconto”
agli operai edili

Uno dei tasselli della riforma delle pensioni che il governo ha in preparazione, è il rafforzamento dell’Ape sociale, il cosiddetto anticipo pensionistico riservato ai lavoratori impiegati in attività usuranti o che si trovano in stato di disoccupazione. Si tratterebbe in pratica di una stabilizzazione fino al 2026 dell’indennità pagata dall’Inps mensilmente per 12 mesi a cui si può accedere all’età di 63 anni, e avendo maturato 30 o 36 anni di contributi a seconda delle categorie. Possono accedere i disoccupati che hanno esaurito gli altri sussidi, oppure lavoratori invalidi o che assistono parenti disabili o ancora appartenenti a 15 particolari categorie: dagli operai dell’edilizia agli infermieri agli addetti alle pulizie. Oltre ad essere stabilizzata l’Ape sociale, nelle intenzioni dell’esecutivo, verrebbe anche allargata in base a tre indicatori: la frequenza degli infortuni sul lavoro per ogni categoria; la gravità degli infortuni; e la gravità delle malattie professionali. Sulla base di questi indicatori, inoltre, sarebbe stato deciso di abbassare i contributi necessari alla categoria degli operai edili per accedere all’Ape da 36 anni a 30 anni.

Le lavoratrici
Opzione donna
verso il rinnovo

Il governo sarebbe intenzionato a prorogare anche Opzione Donna. Si tratta della misura che dà la possibilità alle lavoratrici di anticipare l’uscita dal lavoro, a patto di accettare un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo. Si tratta di una possibilità introdotta dalla Legge Maroni (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) largamente utilizzata soprattutto dopo l’introduzione della Riforma Fornero perché permette alle donne di lasciare il lavoro a 58 anni (59 anni le lavoratrici autonome) e con 35 anni di contributi raggiunti entro il 31 dicembre 2020. Questa opzione, la cui scadenza è prevista al momento per la fine di quest’anno, permette l’uscita alle lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1962 e delle autonome nate entro il 31 dicembre 1961. La proroga, ovviamente, allargherebbe la possibilità alle nate nel 1963 e nel 1954. Nei giorni scorsi l’Ocse aveva chiesto al governo italiano di non prorogare la misura perché aggraverebbe il rischio di povertà pensionistica a causa del ricalcolo dell’assegno che comporta un taglio anche di oltre il 20 per cento. Ma il governo sarebbe intenzionato a non seguire questa indicazione.

I giovani
Un assegno 
di garanzia

Il tema lo ha messo sul tavolo il ministro del lavoro Andrea Orlando. Nei giorni scorsi ha spiegato che bisognerà iniziare a pensare anche «al fatto che si stanno preparando tempi nei quali ci sono persone che andranno in pensione ampiamente al di sotto della soglia di povertà, bisogna iniziare a rifletterci oggi, è un tema che va messo sul tavolo ora». Di pensioni, ha osservato ancora Orlando, si parla «solo guardando a chi mancano 3-4 anni, dobbiamo iniziare a far partecipare a quel tavolo anche quelli che in pensione ci andranno tra vent’anni che rischiano di non avere semplicemente una pensione». Il problema in realtà, è sul tavolo da tempo. Già nella scorsa legislatura si era discusso di una pensione di garanzia per i giovani. Chi è nel contributivo già oggi può lasciare il lavoro prima dei 70 anni solo se ha maturato un assegno superiore a 1,5 volte quello sociale. Si era discusso di abbassare o eliminare questo vincolo. Inoltre era stato proposto di introdurre una sorta di “integrazione al minimo” anche nel sistema contributivo (che oggi non ha questo strumento), garantendo un assegno di almeno 680 euro mensili.

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