Sostegni bis, in pensione 5 anni prima: uscita anticipata con scivolo estesa ad aziende medie

Decreto Imprese, in pensione 5 anni prima: uscita anticipata con scivolo estesa alle aziende medie
Decreto Imprese, in pensione 5 anni prima: uscita anticipata con scivolo estesa alle aziende medie
di Andrea Bassi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 14 Maggio 2021, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 10:11

L’intenzione del governo è quella di prepararsi a fronteggiare la fine del blocco dei licenziamenti che scadrà a giugno. Così il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ha messo a punto un corposo pacchetto di norme che entrerà nel nuovo decreto Sostegni (ribattezzato “Imprese”) che il governo sta per varare.

Sostegni bis, decontribuzione al 100% per rientro dopo Cig. Arriva il contratto di rioccupazione

Una delle misure considerate centrali per affrontare la fine del blocco dei licenziamenti, sarà la possibilità per le imprese da 100 dipendenti in su, di poter anticipare l’uscita per quei dipendenti a cui mancano fino a 5 anni per maturare i requisiti della pensione.

Si tratta del cosiddetto «contratto di espansione», già oggi utilizzabile per le imprese oltre i 250 dipendenti. Il meccanismo funziona così: il rapporto tra il dipendente e l’azienda viene risolto e al lavoratore viene corrisposta una somma (chiamata indennità di accompagnamento alla pensione), fino al maturamento dei requisiti per lasciare il lavoro. Se, per esempio, il lavoratore ha 62, avrà questa indennità per 13 mesi all’anno fino al compimento dei 67 anni. La cifra percepita è simile alla pensione maturata dal lavoratore. 

IL MECCANISMO
A pagare questa “simil pensione” è direttamente l’Inps. Ma a fornire la provvista, ossia i soldi per versarla, è l’azienda di provenienza del lavoratore. Che deve fornire mensilmente una provvista all’Inps garantita da una fideiussione. Qual è il vantaggio per l’impresa? Dalla cifra versata al lavoratore, viene sottratto quanto spetterebbe allo stesso dipendente come Naspi in caso di perdita del posto di lavoro. 
Così, per fare un esempio, un lavoratore che guadagna 36 mila euro l’anno, all’azienda costerebbe circa 260 mila euro fino alla pensione, mentre in questo modo ne spenderebbe intorno ai 100 mila. Il vantaggio sarebbe anche per il lavoratore, perché la legge non vieta di trovare un altro lavoro. un «contratto di rioccupazione» Sempre per fronteggiare la scadenza del blocco dei licenziamenti, nel decreto sostegni bis sarà introdotto un «contratto di ricollocazione» da applicare a tutti i settori. Si tratta di un contratto a tempo indeterminato che, a quanto si apprende, sarà legato alla formazione e ad un periodo di prova, massimo di sei mesi, con sgravi contributivi al 100% che andranno restituiti nel caso in cui il lavoratore non venga poi assunto. Sgravi che si cumulano agli altri già a disposizione. Potrebbe entrare nel pacchetto, infine, sempre secondo quanto si apprende da fonti di governo, anche l’incentivo, per i settori commercio e turismo, per la fuoriuscita dalla cassa Covid a ottobre: si prevede un esonero contributivo al 100% per i dipendenti che vengono riconfermati dopo il blocco dei licenziamenti e la fine della cig-Covid. 

LE REGOLE
Fino alla fine dell’anno inoltre, sarà sospeso il decalage previsto per l’indennità di disoccupazione Naspi. Dal quarto mese, infatti, l’indennità subisce una decurtazione del 3%al mese. Questo taglio, fine a fine anno, sarà cancellato. 

Intanto ieri i sindacati hanno chiesto a Orlando di convocare al più presto il tavolo sulle pensioni in vista della scadenza a fine anno di Quota 100. I sindacati ricordano, in una nota, le loro proposte: una flessibilità in uscita più diffusa a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, che tenga conto della diversa gravosità dei lavori, del lavoro di cura e delle donne, e affrontare subito il tema delle future pensioni dei giovani, che rischiano di essere penalizzate dalla discontinuità del lavoro. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA