Irpef, con la riforma è caos aliquote: a parità di reddito la tassa è anche più del triplo

Irpef, con la riforma è caos aliquote: a parità di reddito la tassa è anche più del triplo
Irpef, con la riforma è caos aliquote: a parità di reddito la tassa è anche più del triplo
di Andrea Bassi
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Martedì 21 Gennaio 2020, 00:49 - Ultimo aggiornamento: 11:48

Il governo si prepara a riformare l’Irpef, la tassa sui redditi. E intanto si appresta ad approvare un taglio del costo del lavoro rafforzando il vecchio bonus da 80 euro che salirà fino a 100 euro mensili per i redditi fino a 26.600 euro per poi diventare una detrazione Irpef sul costo del lavoro decrescente fino a 40 mila euro. Un meccanismo contorto che, sommato alle varie detrazioni previste dall’ordinamento, rende sempre meno comprensibile il sistema della tassazione dei redditi.

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E soprattutto introduce tassazioni di un ammontare diverso, e a volte anche molto diverso, a seconda se il reddito derivi da lavoro dipendente, autonomo o sia semplicemente il frutto di una pensione. Qualche esempio (si veda la tabella pubblicata in pagina ed elaborata dal Centro studi Eutekne) aiuta a capire meglio. Prendiamo il lavoro dipendente. Fino a 8.145 euro di reddito annuo non si pagano tasse (è la cosiddetta no tax area). Non appena il lavoratore mette un piede fuori dalla no tax area, anche pagando un solo euro di tasse, ha immediatamente il diritto ad ottenere il bonus da 100 euro (1.200 euro l’anno). Insomma, la sua aliquota effettiva è addirittura negativa: -14,73%. Se a dichiarare gli 8.145 euro è invece un pensionato, deve pagare allo stato un piccolissimo obolo: 5 euro, un’aliquota poco superiore allo zero. Se la stessa cifra la dichiara un dipendente autonomo in regime di flat tax al 15%, paga sullo stesso guadagno 1.222 euro di tasse. 
 



Le distanze. Un lavoratore dipendente senza carichi familiari, grazie al bonus dei 100 euro, ha un’aliquota negativa fino a 12.500 euro di reddito. A 12.509 euro annui di guadagno, arriva all’aliquota effettiva «zero». Se quegli stessi 12.509 euro a dichiararli fosse invece un pensionato, dovrebbe versare allo Stato 1.300 euro circa, il 10,73% del suo reddito. Se fosse un lavoratore autonomo che non può aderire al regime della flat tax, magari perché ha qualche dipendente, su una dichiarazione di 12.509 euro dovrebbe versare 1.943 euro di tasse pari al 15,5% del suo reddito. Un professionista che può utilizzare la tassa piatta pagherebbe leggermente in meno: 1.876 euro.
 
Si potrebbe provare a fare un ragionamento al contrario. Domandarsi, cioé, a che livello di reddito un lavoratore dipendente e un pensionato, pagano una aliquota effettiva del 15% simile a quella degli autonomi che hanno accesso al regime agevolato. Nel caso di un pensionato, l’aliquota del 15% si paga a 15.640 euro di reddito dichiarato. Un lavoratore dipendente, senza carichi familiari, avrà un’aliquota del 15% a 24.470 euro di reddito. Prima di questo livello il prelievo sarà inferiore alla flat tax degli autonomi. 

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Ma quando i redditi iniziano a salire i rapporti, almeno tra dipendenti e autonomi, si invertono. Con i pensionati che invece iniziano a pareggiare i conti con i lavoratori. A 35 mila euro di reddito, per esempio, un dipendente versa 8 mila euro di Irpef, circa il 23% del suo reddito; un pensionato 8.972 euro, oltre il 25% del suo reddito, un autonomo non in regime non agevolato oltre 9 mila e, infine, un autonomo con la flat tax ne versa 5.270. Il “pareggio” per tutti arriva a 55 mila euro, quando il prelievo è del 31%, ossia 17 mila e passa euro sia per i dipendenti che per i pensionati che per i lavoratori autonomi. Cosa dimostrano questi numeri? Che tagliare l’Irpef ai redditi bassi è difficile, a meno di non voler introdurre tasse negative o rafforzare bonus monetari. I più tartassati sono i redditi medi, che sostanzialmente pagano come se fossero alti. 

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