Una buona notizia per le imprese del Mezzogiorno: ieri sono arrivate le istruzioni per l’utilizzo della misura Decontribuzione Sud. L’Inps, ricevuto il nulla osta dal Ministero del Lavoro e a seguito della autorizzazione della Commissione Europea, ha pubblicato la circolare con le istruzioni operative per l’agevolazione contributiva per l’occupazione in aree svantaggiate. La misura - si legge in una nota dell’Inps - è applicabile a partire dal primo gennaio 2021 e con la denuncia del prossimo mese le imprese potranno fruire dell’esonero parziale relativo sia al mese di febbraio che a quello di gennaio.
L’agevolazione spetta in riferimento ai rapporti di lavoro dipendente, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico. In particolare, è pari al 30% della contribuzione mensile dovuta fino al 31 dicembre 2025; al 20% dei contributi dovuti per gli anni 2026 e 2027; al 10% per gli anni 2028 e 2029. Le regioni che rientrano nel beneficio sono la Puglia, l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Sardegna e la Sicilia.
La misura Decontribuzione Sud non è un incentivo all’assunzione ma è invece subordinata al possesso del documento unico di regolarità contributiva e al rispetto degli accordi e contratti collettivi. L’esonero per il 2021 è pari al 30% della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail e «non prevede un limite individuale di importo». Il beneficio non è riconoscibile per i lavoratori in somministrazione se il lavoratore pur svolgendo la propria attività lavorativa in unità operative dell’azienda utilizzatrice ubicate nelle aree svantaggiate, è formalmente incardinato presso un’agenzia di somministrazione situata in una regione diversa. Qualora, invece, l’agenzia di somministrazione abbia sede legale o operativa in una delle regioni svantaggiate, l’esonero può essere fruito dall’agenzia, e ciò a prescindere da dove effettivamente il lavoratore presti la propria attività lavorativa.
Intanto, il Recovery Fund è stato al centro di un’audizione di Svimez al Senato, e l’associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno ha potuto così rappresentare nuovamente gli scenari e le prospettive possibili in base alle effettive ripartizioni delle risorse.
Secondo Svimez se al Mezzogiorno dovesse essere corrisposta una quota delle risorse complessive pari al 24% (la quota di risorse ordinarie in conto capitale mediamente spese al Sud tra il 2014 e il 2019), l’effetto aggiuntivo complessivo sulla crescita italiana è stimato in circa 7 punti percentuali (8,1 nel Mezzogiorno). L’impatto in termini di occupazione aggiuntiva sarebbe invece pari a circa 1 milione di unità, circa 600 mila nel Centro-Nord e 400 mila nel Mezzogiorno.
Se invece al Sud fosse destinato il 50% delle risorse (una quota che Svimez definisce “coerente con le finalità definiti a livello europeo”), non solo “ci sarebbe un incremento della crescita del Pil meridionale, dall’8,1 all’11,6% (con un ulteriore incremento di circa 100 mila posti di lavoro) ma ne conseguirebbe anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale di circa un punto percentuale”.