Ilva, il piano per il salvataggio: dalla Cdp agli esuberi, Conte rilancia su Mittal

Ilva, il piano per il salvataggio: dalla Cdp agli esuberi, Conte rilancia su Mittal
di Alberto Gentili
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Domenica 17 Novembre 2019, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 14:57


ROMA «A Milano e Taranto è partito il cinema, il cerchio intorno a Mittal si sta stringendo. Se gli indiani pensavano che avessimo l'anello al naso hanno sbagliato Paese». La mette così, dura e piatta riferendosi alle indagini delle procure di Milano e Taranto, un ministro dem molto vicino al dossier dello scontro tra il governo e ArcelorMittal. Eppure, sottotraccia, Giuseppe Conte e il responsabile dell'Economia Roberto Gualtieri lavorano ancora per provare a riprendere la trattativa con il gruppo franco-indiano. L'idea che sta prendendo forza a palazzo Chigi e al Mef è quella di proporre la nascita di una società mista con dentro Cassa depositi e prestiti (Cdp). «Vogliamo tenere dentro ArcelorMittal a prescindere. Se non va in porto questo tentativo, si tornerà alla gestione commissariale e poi si bandirà una nuova gara», dice una fonte di rango impegnata nella missione quasi impossibile di riallacciare la trattativa.

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LA STRATEGIA
Lo schema di gioco dell'esecutivo è chiaro. Spingere il colosso franco-indiano nell'angolo, con le denunce dei commissari e con le conseguenti indagini delle Procure. Attivare «la battaglia legale del secolo» attraverso il ricorso contro la rescissione del contratto da parte di ArcelorMittal. Lavorare «notte e giorno» per evitare lo spegnimento degli altiforni, impedendo il cronoprogramma presentato dall'azienda. E nel frattempo provare a riportare il signor Lakshimi Mittal al tavolo della trattativa. Probabilmente con un incontro con il premier all'inizio o a metà della settimana entrante. Ipotesi cui lavora anche l'ex ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda.
Da giorni nelle stanze del governo si parla di un eventuale coinvolgimento di Cdp. Lunedì scorso Gualtieri l'aveva detto in chiaro: il possibile ruolo della Cassa «è uno strumento che della nostra cassetta degli attrezzi». E Il momento di un'apertura concreta potrebbe arrivare domani, in occasione delle celebrazioni per i settant'anni della Cassa organizzate dall'ad Fabrizio Palermo presso la Zecca dello Stato, presente Sergio Mattarella.
Di certo c'è che Conte e Gualtieri vogliono spingere il gruppo franco-indiano a trattare. E sono pronti a gettare sul tavolo, appunto, la nascita di una società mista in cui Cdp avrebbe una quota di minoranza «solida» («una sorta di golden share») tra il 20 e il 30%, in modo da alleggerire rischi e perdite (60 milioni al mese) sostenuti da ArcelorMittal. Inclusi i costi per l'affitto del ramo di azienda, la messa in sicurezza dell'altiforno 2, e il piano di risanamento ambientale. «L'operazione non è facile», spiega un'altra fonte, «anche perché Cdp, per statuto, non può entrare in società in perdita. Servirà una deroga...».

Oltre a proporre al gruppo franco-indiano l'ingresso del partner pubblico, il governo è disposto a trattare sugli esuberi: non i 5 mila richiesti da ArcelorMittal, ma 2.000-2.500 che verrebbero finanziati attraverso un nuovo fondo pluriennale per il sostegno ai lavoratori da inserire nella legge di bilancio con uno stanziamento di 5-10 milioni. In più, a dispetto dei niet 5Stelle, Conte (su pressing del Pd e di Matteo Renzi) è orientato a concedere il famoso scudo penale.

L'ALTRA STRADA
Se la mossa del governo dovesse andare a sbattere contro il muro alzato da ArcelorMittal, si andrà alla soluzione B. Vale a dire: il ritorno della gestione degli impianti siderurgici ai commissari, se non a un unico commissario con poteri speciali: c'è chi dice che sia già cominciata la caccia a un manager esperto del settore dell'acciaio. Ma da palazzo Chigi non arrivano né conferme, né smentite. Poi, garantita la continuità produttiva e l'attività degli altiforni, scatterebbe un prestito ponte per permettere all'ex Ilva di andare avanti qualche mese. Nel frattempo verrebbe bandita una nuova gara. «Anche in questo caso», dicono al Mef, «nella cordata ci sarebbe Cdp, affiancata da un forte partner industriale». Appare invece remota l'ipotesi della nazionalizzazione, anche se 5Stelle, Leu e diversi esponenti dem (incluso Nicola Zingaretti) non la escludono.
In questa situazione d'incertezza, con il governo impantanato in quella che il presidente Mattarella ha avvertito può diventare una profonda crisi del sistema industriale italiano, cresce il pressing del Pd su Conte. «Il premier faccia presto», dice il segretario Zingaretti. E il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, avverte: «Serve un confronto vero in maggioranza per individuare le possibili soluzioni con cui salvare decine di migliaia di posti di lavoro e la maggiore acciaieria d'Europa. Non si può pensare di seguire la strada di Alitalia con deroghe e rinvii continui che non hanno ancora portato a un approdo definitivo».

 

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