La guerra blocca il grano, allarme carestia dall’Onu: oltre 44 milioni di persone a rischio fame

La guerra blocca il grano, allarme carestia dall Onu: oltre 44 milioni di persone a rischio fame
La guerra blocca il grano, allarme carestia dall’Onu: oltre 44 milioni di persone a rischio fame
di Roberta Amoruso
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Sabato 7 Maggio 2022, 23:27 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 12:38

Si allarga l’allarme-grano per i 25 milioni di tonnellate bloccati in Ucraina. Il primo monito era arrivato qualche settimana fa dalla Fao di fronte ai prezzi alle stelle degli alimentari, con rincari mai visti negli ultimi 30 anni. Ora è l’Onu a proiettare lo spettro di una carestia mondiale. Qualcosa che metterà in ginocchio prima di tutto i Paesi in via di sviluppo, E seminerà disordini sociali e politici. 

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La guerra blocca il grano

Di qui l’appello forte arrivato ieri dal “World Food Programme” (Programma alimentare mondiale) per la riapertura dei porti dell’Ucraina onde scongiurare l’incombente minaccia di carestia. «I porti nella zona di Odessa, nel sud dell’Ucraina, devono essere riaperti con urgenza per evitare che la crisi globale della fame sfugga al controllo», si legge sul sito istituzionale del Pam. «I silos di grano dell’Ucraina sono colmi.

I porti sul Mar Nero sono chiusi, lasciando milioni di tonnellate di grano intrappolate in silos a terra o su navi che non possono muoversi». 


I PIÙ DEBOLI
 

Del resto, i numeri sono impressionanti e colpiscono al cuore continenti come l’Africa. In particolare Egitto, Congo, Burkina Faso, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Ben 50 Paesi in via di sviluppo dipendono dalle esportazioni di Russia e Ucraina, di cui 26 per oltre il 50%. Ecco perché i 25 milioni di tonnellate di grano ferme nei granai, secondo le stime della Fao, si rende indispensabile metterli in circolo al più presto.
Non a caso lo stesso direttore esecutivo del World Food Programme, David Beasley, già nei giorni scorsi aveva parlato di «catastrofe su catastrofe». Quelle tonnellate di grano bloccate rischiano di diventare l’emblema dell’impossibilità ad oggi di sbloccare questo conflitto iniziato 70 giorni fa. «Al momento i silos di grano in Ucraina sono pieni. Allo stesso tempo almeno 44 milioni di persone stanno marciando verso fame sicura.

Dobbiamo aprire quei porti per fare in modo che il cibo possa muoversi da e per l’Ucraina. Il mondo lo chiede, perché sono centinaia di milioni di persone globalmente che ora rischiano», ha insistito Beasley, aggiungendo che «il tempo sta per scadere e il costo dell’inerzia sarà più alto di quanto si possa immaginare. Chiedo a tutte le parti coinvolte di fare in modo che il cibo esca dall’Ucraina».  Per dare un’immagine più concreta possibile, se i porti non dovessero riaprire i contadini ucraini non avranno un luogo dove conservare il prossimo raccolto di luglio-agosto, spiega ancora l’Agenzia Onu, con il risultato che «montagne di grano andranno perse» mentre il mondo implora soccorso. All’inizio dell’anno erano circa 276 milioni le persone costrette alla fame, una cifra che ora si prepara ad aumentare di altri 44 milioni con inevitabili ripercussioni sociali ed economiche nei paesi dell’Africa sub-sahariana. 


L’EFFETTO DIPENDENZA

 

Una corsa contro il tempo che pure è stata punteggiata da allarmi e appelli fin dall’inizio del conflitto: fra i primi a spiegare l’impatto del blocco dei porti sulla sicurezza alimentare mondiale era stato il ministro per le Politiche Agricole e Alimentari ucraino Roman Leshchenko, ricordando che Russia e Ucraina esportano oltre il 30% del frumento consumato nel mondo e che l’80% dell’export globale passa per Odessa. Anche verso l’Italia e l’Ue, perché il passaggio via Mar Nero è molto veloce ed economico. Ma anche il Fondo Monetario internazionale ha già fatto sentire la sua voce sul tema sollecitando azioni concrete. Il nodo delle esportazioni congelate si somma a quello dell’inflazione galoppante. L’ultima fotografia sulla corsa dei prezzi dei prodotti alimentari mondiali parla di un +30% ad aprile sullo stesso periodo del 2021. Rispetto ad un anno fa, a tirare la volata secondo l’indice Fao sono i cereali con listini aumentati del 34%, seguiti dai prodotti lattiero caseari (+24%), zucchero (+22%), carne (+17%) e grassi vegetali (+46%). Per il grano, la stessa Fao prevede un aumento della produzione nel mondo a 782 milioni di tonnellate, tenuto conto di un previsto calo del 20% delle superfici coltivate in Ucraina. Per non dire della diminuzione della produzione che certamente si farà sentire dovuta alla siccità in Marocco.

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