Il razionamento dei consumi e l’utilizzo delle riserve strategiche non è oggi un tema all’ordine del giorno. Ma arrivare preparati anche nel caso estremo di un distacco, voluto o no, dal gas russo, è la vera missione del governo. Il problema è che se la missione di medio-lungo periodo per sostituire il metano di Mosca sembra più fattibile, come dimostrano gli ultimi accordi firmati in Algeria, Angola, Congo, ma anche in Azerbaijan, la prospettiva cambia molto quando si guarda all’obiettivo di breve periodo.
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Gas russo, stop a maggio? Scenari e rischi
Raggiungere l’indipendenza entro il prossimo inverno, è già una missione pressocchè impossibile. Il prossimo inverno sarà ancora di fatto legato al gas di Putin. Figuriamoci se si può immaginare di centrare l’obiettivo già a maggio, un mese sul quale pesa la scadenza dell’ultimatum di Putin per i pagamenti del gas in rubli, seppure con il doppio “conto K” presso Gazprombank.
GLI EFFETTI PER FAMIGLIE E IMPRESE
Questo non vuol dire uno choc elettrico con tanto di black-out. Quello a cui fa riferimento il presidente Besseghini è il piano di «allerta» scattato in Italia già a febbraio, subito dopo l’invasione dell’Ucraina, il primo step, prima di arrivare all’«allarme» e all’«emergenza». Ma già nella “fase 1” di «allerta», il governo pò mettere in atto una strategia di risparmio sul gas. E lo sta già facendo, visto sono è già scattata la strategia di efficientamento dell’illuminazione pubblica e che da maggio scatterà il limite minimi alla termperatura impostata per i condizionatori (25 gradi). Nel frattempo, anche per favorire l’operazione di riempimento degli stoccaggi di gas per il prossimo inverno, si sta già utilizzando più carbone. La produzione di Enel potrà raddoppiare quest’anno. E poi ci sono sempre pronti 4 miliardi di metri cubi di riserve strategiche di gas pronte ad essere utilizzate in caso di emergenza. Questo, insieme ad eventuali razionamenti da far scattare a carico delle imprese, con produzioni a ranghi ridotti, e per le famiglie, con paletti sui consumi, sembra sufficiente a evitare timori fino al prossimo autunno, anche in caso di stop del gas russo. Più duro sarebbe invece il piano di «recovery» per l’inverno.
IL PIANO
A tracciare più volte la strategia per i prossimi mesi è stato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. «Nel breve termine, grazie all’atteso miglioramento delle condizioni climatiche, si stima una riduzione della domanda per uso civile pari a circa 40 milioni di metri cubi al gionno già a fine marzo, in condizioni di freddo standard», aveva detto già a marzo. Pertanto, «anche una completa interruzione dei flussi dalla Russia da oggi non dovrebbe comportare problemi di fornitura interna. Eventuali picchi di domanda potrebbero essere assorbiti modulando opportunamente i volumi in stoccaggio o con altra capacità di import. Problemi per assicurare la fornitura a tutti i consumatori italiani potrebbero avvenire solo in caso di: i) un picco di freddo eccezionale entro fine marzo e/ o ii) contestuale disruptions su altre rotte di importazione». Nel medio termine, invece, «sarà necessario comunque riempire gli stoccaggi al 90% per il prossimo inverno (12 bcm). L’attivazione con successo delle misure di breve-medio termine descritte in seguito (unitamente a quelle già approvate nel DL energia) serve per controbilanciare la criticità oggi legata ai prezzi elevati (oltre 1,5 €/Smc a marzo 2022 rispetto ad una media inferiore a 0,3 €/Smc dell’anno precedente) e ad un differenziale di prezzo – invertito rispetto al tradizionale spread stagionale - che scoraggia lo stoccaggio».
LE RISERVE
Le criticità «sono reali», aveva aggiunto, commentato l’esito deludente delle prime aste sugli stoccaggi, e dunque «occorrerà intervenire per il riempimento con una regolazione ad hoc, che solleciti la risposta da parte degli operatori e, in mancanza, con un soggetto di ultima istanza». Nel lungo termine, «a partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente 30 miliardi di metri cubi di gas russo con altre fonti. Sebbene questo sia possibile in un orizzonte minimo di 3 anni, tramite le misure strutturali sotto descritte, per almeno i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano e occorre dotarsi di strumenti di accelerazione molto efficaci per gli investimenti che servono», ha concluso.