Gas, un ricorso al Tar contro il Pitesai: Comuni “no triv” contro le ricerche

Gas, un ricorso al Tar contro il Pitesai: Comuni “no triv” contro le ricerche
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Mercoledì 13 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:50

Un altro ostacolo nella ricerca di nuovi pozzi di gas in Italia. Ventiquattro Comuni in prevalenza del Mezzogiorno si mettono di traverso al Pitesai, ossia il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Non ci sono realtà pugliesi - le 5 regioni delle città interessate sono Abruzzo, Basilicata, Campania, Sicilia e Piemonte - ma è chiaro che la trafila giudiziaria potrebbe avere risvolti ampi: il ricorso al Tar del Lazio si basa su alcuni aspetti tecnici a partire dall’adozione del piano considerato dai ricorrenti fuori tempo massimo.

Cosa è successo

Ma è bene fare un passo indietro per ricapitolare. Il Pitesai ha avuto un iter tribolato e si è concluso con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale l’11 febbraio scorso. Si tratta dello strumento volto a individuare le zone «ove è consentito lo svolgimento di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale» e che in questo momento storico assume una rilevanza fondamentale per affrancarsi dalla dipendenza del gas russo. Qual è la battaglia degli oppositori alle trivelle? Il Pitesai è stato impugnato dai Comuni - per citarne alcuni Noto (Siracusa), Rionero in Vulture (Potenza) e Sala Consilina (Salerno) - proponendo ricorso contro il ministero della Transizione Ecologica (Mite), il ministero della Cultura e il ministero dello Sviluppo economico.

Il ricorso

A organizzare l’iniziativa e a unire i Comuni è stato il Coordinamento nazionale No Triv.

Il ricorso si basa su diversi punti anche molto tecnici: si chiede ai giudici amministrativi l’annullamento del Pitesai e degli atti ad esso collegati e che hanno portato alla sua definizione. Innanzitutto, il ricorso evidenzia che il Pitesai avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 settembre 2021. Invece reca la data del 28 dicembre 2021 ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo l’11 febbraio 2022, pertanto «è fuori termine». Secondo punto: «Nonostante la lunga elaborazione del Piano, esso si appalesa problematico anche sotto altri profili, fra cui la mancata considerazione - in contrasto con la normativa e la giurisprudenza europee - degli effetti cumulativi dei progetti esistenti e di quelli che potranno essere richiesti».

E ancora il Pitesai non realizza l’obiettivo che gli era stato assegnato che è quello »di individuare un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse». Ovviamente, si tratta solo di un passo di un iter giudiziario al momento solo all’inizio. Enrico Gagliano, cofondatore del Coordinamento nazionale No Triv e docente universitario, ha spiegato che «hanno aderito al ricorso contro il Piano delle aree non solo i territori sui quali insistono già importanti attività di trivellazione ma anche quelli che vedono il proprio futuro minacciato».

Il Coordinamento No Triv ha condotto l’iniziativa e unito i Comuni. «Dopo aver riscontrato carenze, incongruenze e illegittimità - prosegue Gagliano - abbiamo cominciato a inondare i Comuni di mail e pec, con una campagna a tappeto. Quelli che hanno deciso di impugnare il Pitesai hanno dovuto adottare una delibera di Giunta prima di poter procedere. È occorso un lungo lavoro di preparazione e di coordinamento». Proprio il Pitesa, di recente, aveva suscitato già polemiche “inverse”. Per Assorisorse , infatti, troppe bocciature - in Puglia 9 semafori rossi a prospezioni tra mare e terra - rischiavano di bloccare l’emancipazione energetica. E il ricorso di ieri rischia di porre altri inghippi in questo scenario.

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