I costi della guerra per l'Italia, l'allarme di Confindustria

Il leader di Confindustria: «Non basta un taglio delle accise per trenta giorni». Si stima un Pil negativo nei primi 2 trimestri. Poi tornerà la crescita ma si fermerà a +1,9%

Energia, allarme Confindustria. Bonomi: «C è recessione il governo faccia di più»
Energia, allarme Confindustria. Bonomi: «C’è recessione il governo faccia di più»
di Giusy Franzese
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Sabato 2 Aprile 2022, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 11:30

Speravamo di non doverla pronunciare per lungo tempo e invece ecco che una delle parole più temute in economia riappare con tutto il suo carico di angoscia: recessione. È la condizione in cui troverà l’Italia per tutto il primo semestre di quest’anno, secondo Confindustria. Sarà «recessione tecnica» precisa l’ufficio studi dell’associazione. Perché l’effetto traino del mirabolante rimbalzo che la nostra economia era riuscita a compiere nel 2021 dopo il tonfo dovuto all’impatto pandemia nel 2020, lascerà comunque il segno “+” davanti al Pil, ma senza quel traino (+2,3%) saremmo di nuovo sotto lo zero. Cosa che già è nei primi due trimestri di quest’anno che si apprestano a chiudere a -0,2% e un -0,5%. Ma il secondo semestre (l’ipotesi alla base è che a luglio la guerra sia finita, che l’energia non venga razionata e il Covid rallenti) dovrebbe andare meglio: a fine anno il Pil chiuderà a +1,9%, un taglio della crescita del 2,1% rispetto al +4% previsto fino a poco tempo fa. Ne risentirà anche il Pil del 2023 (+1,6%). Previsioni che fanno slittare il ritorno dell’Italia ai livelli pre-pandemia al prossimo anno. 

L’errore

Sono «numeri che spaventano» commenta il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Colpa della guerra in Ucraina, certo.

Ma non soltanto. L’impatto delle sanzioni sull’export italiano, ad esempio, «è modesto» e riguarda poco meno di 700 milioni di euro di vendite in Russia. Bonomi ricorda invece «l’allarme crescente, e purtroppo inascoltato, che Confindustria ha iniziato a lanciare prima della guerra, quando già si vedeva un rallentamento». E punta il dito contro i rincari di energia e materie prime. Aumenti di costo dovuti a difficoltà di approvvigionamento che - ricorda il leader degli industriali - venivano bollati come «fenomeni effimeri e temporanei». Un errore che si rischia di commettere adesso. «Vediamo lo stesso trend: credere che magari tra qualche settimana il conflitto in Ucraina finisca e tutto torni come nel 2019 pre-Covid. Non è vero» avverte Bonomi, parlando di «azzardate illusioni». 

Il conto

Sono i rincari energetici i principali imputati sul banco degli accusati. È soprattutto alle maxi bollette che è dovuta la frenata dell’economia. Secondo i calcoli dell’ufficio studi di Confindustria i rincari di petrolio, gas, carbone presenteranno un maggior costo finale nell’anno di circa 68 miliardi di cui 27 a carico dell’industria manifatturiera. Molte aziende finora hanno assorbito questo incremento dei costi senza trasferirlo sui prezzi finali. Ma non ce la fanno più. «Non è più conveniente produrre così» osserva Bonomi. Secondo un sondaggio di Confindustria «nei prossimi 3 mesi il 50% di aziende potrebbe rallentare o sospendere le produzioni». In questo scenario - avverte Bonomi - le misure adottate fin qui dal governo sono insufficienti. «Decidere un taglio delle accise limitato a 30 giorni, fa pensare che il Mef non intenda rinunciare strutturalmente a un prelievo così inaccettabilmente elevato» accusa Bonomi. E poi ironizza: «Le imprese hanno la cattiva abitudine di produrre tutto l'anno». Per il leader degli industriali, in attesa della diversificazione degli approvvigionamenti (servono anni), c’è poco da scegliere: serve un tetto al prezzo del gas, anche nazionale se non ci si mette d’accordo in Europa. Persino il Pnrr, con la valanga di soldi che porta in Italia, non riuscirà a dispiegare tutti i suoi salvici effetti e «contrastare adeguatamente l’enorme colpo apportato dagli avvenimenti in corso» denuncia Bonomi che torna a chiedere una sua revisione. «Da quando è stato concepito ad oggi i prezzi si sono rialzati di 15 volte, una cosa inimmaginabile».

Le riforme

La revisione del Pnrr, suggerisce Bonomi, va fatta sui prezzi ma anche sugli obiettivi. Meno piste ciclabili e più rigassificatori, esemplifica. «Abbiamo bisogno di un periodo di riformismo competitivo, cioè di fare quelle riforme che da trent’anni il paese aspetta, che lo rendano competitivo, e che non si sono mai fatte. Su quelle ovviamente bisogna andare avanti» dice. L’elenco di Confindustria vede ai primi posti la riforma fiscale, con il taglio del cuneo contributivo, il tema della concorrenza e quello delle politiche attive del lavoro. Il problema delle risorse, secondo Bonomi, non c’è: «Da Draghi mi aspetto che faccia quello che ha detto come presidente della Bce. Abbiamo 900 miliardi di spesa pubblica, credo che in quella spesa si possano trovare facilmente spazi di efficienza e di miglioramento».

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