De Nuccio (consiglio nazionale commercialisti): «Leggi poco chiare, evasione facilitata»

De Nuccio (consiglio nazionale commercialisti): «Leggi poco chiare, evasione facilitata»
di Pierpaolo SPADA
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Venerdì 23 Dicembre 2022, 07:26 - Ultimo aggiornamento: 10:24

Crisi, ri-equilibrio, manovra. Quali sfide per professionisti e imprese? Quali prospettive per i contribuenti? Parla il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e docente di Economia aziendale alla Lum, il barese Elbano De Nuccio, ospite ieri al Politeama Greco di Lecce per la Serata dell'Etica e della Deontologia.

Professor De Nuccio, come si fa a stare contemporaneamente dalla parte dei cittadini e di chi fa le leggi quando gli uni non considerano gli altri?
«Lavoro difficile. Siamo garanti del pubblico interesse ancorché di quello privatistico del cliente: è scolpito nel nostro Codice deontologico. È evidente che nell'attuale contesto, in cui spesso le norme diventano incomprensibili anche per chi deve applicarle, questo ruolo diventa sempre più complicato. Il nostro Consiglio nazionale continua a chiedere a gran voce alle forze politiche di coinvolgere i professionisti nei tavoli tecnici ministeriali lì dove le norme vengono scritte».
Quando è il contribuente a non coinvolgervi spesso ne paga le conseguenze. Quando è, invece, lo Stato a ignorarvi, chi paga?
«Il sistema, perché escono norme poco chiare ed efficaci. E non è una rivendicazione di categoria: è una giusta e corretta osservazione del nostro modo di vedere il sistema-Paese. Una norma mal scritta e la proliferazione di norme tra esse contradditorie favoriscono comportamenti elusivi ed evasivi di cui è l'intero sistema a pagarne le conseguenze».
Il nuovo governo vi sta ascoltando?
«Assolutamente sì. C'è una combinazione astrale molto favorevole. Il viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, è molto vicino al mondo delle professioni. Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, è un avvocato penalista barese molto vicino alla nostra professione. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, è un commercialista. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, è un consulente del lavoro, quindi un professionista. Abbiamo una squadra di governo che mai come questa volta è vicina alle professioni».
Le misure in via d'adozione con la Manovra contrastano l'evasione fiscale?
«Tema non gestibile all'interno di una legge di Bilancio, richiede un approccio più sistemico.

Infatti, la proposta già accolta dal viceministro Leo è quella di istituire a gennaio, attraverso una legge delega, un tavolo tecnico presso il ministero di cui noi commercialisti saremo parte integrante, per far affrontare il tema anche sotto il profilo della prevenzione: significa creare le norme che evitino comportamenti evasivi ed elusivi. Negli ultimi anni lo Stato ha sempre delegato ai professionisti una funzione di contrasto all'evasione fiscale, oltre a una responsabilità da ascrivere agli organi di controllo nelle società di capitali. È l'esempio lampante dell'inefficacia di un'azione repressiva dello Stato che si affida ai professionisti, con un problema di fondo: noi non abbiamo gli stessi poteri inquirenti dell'Agenzia delle entrate o della Guardia di finanza. Quindi, per raggiungere l'obiettivo bisogna riformare l'intero sistema: norme più semplici, pressione fiscale più bassa e sanzioni molto più pesanti per chi viola quelle norme. Il fisco non deve essere una palla al piede ma uno strumento attraverso il quale il nostro sistema economico diventi competitivo nel contesto internazionale».

L'allentamento della pressione fiscale è contemplato nella Manovra?
«Sì, con la riduzione del cuneo fiscale».
Giudicata diffusamente quasi impercettibile.
«Non tocca a me difendere il governo. Occorre tener conto che l'intervallo di tempo in cui sorge questa Manovra è molto ristretto: si sta facendo il possibile. La prova del fuoco sarà quello che andrà fatto nel 2023».
Il nuovo Codice della crisi d'impresa agevola, invece, il vostro compito nelle aziende?
«Riconosce una centralità sempre più marcata del professionista».
Alla quale, però - si lamenta - non corrisponde adeguato riconoscimento economico.
«Sui compensi stiamo lavorando. Anticipo che l'attuale Consiglio nazionale ha presentato una proposta di legge, già accolta e in fase di valutazione da parte del governo. La modifica del d.lgs 139 dovrebbe determinare l'applicazione di un parametro soprattutto a tutela del cittadino, che deve sapere qual è l'equo compenso della prestazione che gli rendo».
Al contempo vi è richiesta, però, anche maggiore specializzazione. Come vi state muovendo in tal senso? «Specializzazione è un fattore di sopravvivenza nel sistema economico attuale. E visto che la norma non riconosce ai commercialisti un'esclusiva, l'unico elemento per differenziare il professionista commercialista dagli altri è l'acquisizione di competenze tecniche distintive. Abbiamo già avviato con le nostre scuole di alta formazione percorsi specialistici sul tema della sostenibilità, conferendo queste competenze».
A proposito di sostenibilità: riguarda solo le medie e grandi aziende?
«No. I servizi specialistici come la certificazione della sostenibilità sono estendibili anche alle piccole e piccolissime imprese, nella misura in cui la recente direttiva obbliga il soggetto certificato ad avere una filiera altrettanto sostenibile. Analogamente sul piano finanziario: non basta più che il commercialista presenti la situazione contabile per ottenere il rinnovo dell'affidamento, perché i parametri di valutazione dell'impresa non sono solo più quelli finanziari ma anche quelli non finanziari».
 

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