La sharing economy approda in ufficio: ora la scrivania si prenota

La sharing economy approda in ufficio: ora la scrivania si prenota
di Marco Barbieri
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Mercoledì 6 Aprile 2022, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 08:54

«Milton Friedman diceva che «non ci sono pasti gratis».

Oggi potremmo parafrasare e dire che non ci sono uffici gratis. Prima del Covid la media di occupazione di una scrivania in ufficio – tra ferie, permessi, meeting, trasferte – era del 50%. Per un dirigente si scendeva fino al 41%. E i costi fissi connessi – luce, pulizia, connessioni, eccetera – erano considerati incomprimibili. «Durante la pandemia l’occupazione media di una scrivania è scesa al 20%», commenta Daniele Di Fausto, ceo di Efm, società leader nel corporate real estate management. Il primo riflesso, durante l’emergenza sanitaria, era stata la riduzione degli spazi adibiti a ufficio. Meno occupazione, meno metri quadrati a disposizione. Semplice? Troppo. Con lo smart working – o con i suoi surrogati di remote working o house working – certamente ci saranno almeno 4 milioni di lavoratori che andranno in ufficio al massimo tre volte la settimana, ma non è detto che non servano gli stessi spazi, magari solo diversamente progettati.

IL TREND

 Ciò è talmente vero che secondo l’ultimo report di Cbre, la multinazionale esperta nella consulenza e nella gestione di immobili e soprattutto immobili per ufficio, nel 2022 ci si aspetta «una nuova crescita della domanda di uffici». La tendenza si è in realtà consolidata nel corso del 2021, smentendo i segnali negativi del 2020. Aggiunge Cbre: «Il recupero del take-up (assorbimento, superfici prese per uffici, ndr) nel 2021 ha determinato la progressiva riduzione dell’incertezza sul futuro tenore della domanda di spazi a uso uffici. A Milano l’assorbimento è tornato in linea con la media degli ultimi cinque anni, attestandosi a 357mila metri quadrati (+29% rispetto al 2020). Anche il mercato romano ha mostrato segni di significativa ripresa, raggiungendo 137mila metri quadrati (+11% rispetto al 2020)». La nuova domanda di uffici certamente non somiglia a quella pre-Covid. Per esempio, diminuiranno del 50% gli spazi dedicati alle scrivanie. Se lo studio elaborato presso 14 grandi aziende italiane da “Il Prisma” – società internazionale di architettura e design, con sedi a Londra, Milano, Roma e Lecce – si avverasse, sarebbe una rivoluzione. Si stimano – e in questo caso sulla previsione concordano diverse fonti – spazi “liberati” pari a circa il 30% rispetto alle superfici immobiliari destinate a ufficio (ovviamente non si parla di impianti produttivi manifatturieri) prima della pandemia. «Intendiamoci, non è detto che tutti gli spazi che si liberano per la riduzione delle scrivanie diventino spazi inutili per l’azienda – spiega Arianna Palano, associate e team leader de “Il Prisma” – ma sono spazi che però andranno utilizzati per altri scopi».

Potremmo dire che in questo 30% di spazi da recuperare ci potrebbero essere una sala lounge o una palestra aziendale, un ambulatorio medico dedicato o una biblioteca.

LE CARATTERISTICHE

 È la teoria delle “4 C” che ricorda Luca Brusamolino, ceo di Workitect, uno studio di architettura che si è dedicato all’analisi di questa evoluzione: «Viene dall’Olanda e sconta una traduzione dall’inglese a volte non semplice. L’ufficio diventa il luogo della collaborazione, della comunicazione, della concentrazione e della contemplazione. L’ultima C potrebbe anche essere creatività; la contemplazione è tutto quanto sembra non utile subito». In buona sostanza, in ufficio ci si andrà per motivi diversi, rispetto al passato. E quindi gli spazi devono cambiare per ospitare le nuove funzioni. Una volta la “contemplazione”, nel senso dello scambio gratuito di pensieri e riflessioni, era la macchinetta del caffè, quasi sempre collocata in un angolo remoto del luogo di lavoro, certamente il meno nobile. Ora si è capito quanto sia importante lo scambio di opinioni per generare nuove idee, per creare un sentimento più forte di squadra. Dalla macchinetta del caffè siamo arrivati all’area lounge o relax, allestita nel modo più smart possibile. «L’ufficio è uno degli elementi della sharing economy – aggiunge Brusamolino – occorre mettere a reddito tutto e ridurre al massimo i costi, non solo per fare economia, ma anche per vivere in una logica sempre più sostenibile».

L’EVOLUZIONE

 Nelle grandi aziende, dove lo smart working è stabilmente consolidato – a prescindere dalla quantificazione definita dagli accordi contrattuali – la nuova progettazione degli spazi è una certezza. Il desk sharing – le scrivanie condivise, la prenotazione quando si va in ufficio – è una realtà consolidata. Qualche novità si affaccia anche nelle Pmi e in qualche studio professionale. Secondo la sintesi che propone Di Fausto di Efm dovremo passare dalla logica dell’headquarter a quella dell’hubquarter, nel senso che l’azienda – un po’ tutte le aziende – dovrà cambiare il suo approccio con il luogo di lavoro, dal quartier generale alla possibilità di contaminare diversi luoghi del territorio, delle città, con diversi spazi di lavoro. Non ci saranno più centro e periferia, ma luoghi di lavoro e di convivenza per il lavoro condivisi. E più facilmente monitorabili dal punto di vista dei costi di gestione. Un ufficio vuoto costa, non ci sono uffici gratis.

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