Sanità privata, dalle analisi alle terapie la sfida nazionale del nuovo Santagostino

Sanità privata, dalle analisi alle terapie la sfida nazionale del nuovo Santagostino
di Marco Barbieri
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Mercoledì 1 Febbraio 2023, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 07:41

L'obiettivo è più che ambizioso: diventare il primo, e per certi versi l’unico, operatore privato nel sistema sanitario nazionale.

«Ci occorrevano spalle grosse; il nostro è un mercato che richiede grandi investimenti. L’acquisizione da parte di UnipolSai ci consentirà di perseguire il nostro piano con la certezza di poter avere risorse adeguate per arrivare ad almeno seicento centri medici lungo tutto la Penisola». Luca Foresti è stato confermato al vertice di “Santagostino” anche dopo l’operazione che ha condotto l’azienda nel pieno controllo del gruppo assicurativo. La cifra non confermata ufficialmente per la transazione è stata indicata intorno ai 150 milioni di euro, circa tre volte il fatturato 2022 di “Santagostino”, che oggi conta 35 centri (per lo più concentrati in Lombardia e nell’area milanese), 220 dipendenti, oltre 1.300 professionisti. «Nell’arco dei prossimi 7-10 anni vogliamo arrivare a 600 centri distribuiti in tutta Italia, in media un centro ogni 100mila abitanti. Prima le grandi città. Roma innanzitutto, dove abbiamo avuto l’autorizzazione per il nostro primo centro in piazza Cavour e siamo in attesa di altre due autorizzazioni (alla Garbatella e in via Goito). Poi Genova, Firenze, Torino, Bari. Le grandi città».

Foresti, oggi i maggiori operatori della sanità privata in Italia sono San Donato e Humanitas, che superano di poco il miliardo di fatturato, tutto concentrato nelle prestazioni ospedaliere, quindi grazie al budget pubblico. Voi come vi inserite?

«Il nostro modello è diverso: nei nostri centri offriamo tutto il panorama dei servizi sanitari, tranne l’ospedalizzazione. Forniamo un’offerta di servizi di salute completa per le famiglie, dove è possibile fare analisi cliniche, esami radiologici, visite specialistiche, acquistare audioprotesi, occhiali, terapie psicologiche. Tutto tranne il letto d’ospedale. Con un modello volto a garantire una patient experience di qualità a condizioni accessibili e con ridotti tempi di attesa, grazie anche all’innovazione tecnologica che costituisce uno dei fattori distintivi dell’azienda».

Una prospettiva ambiziosa. Crescere in Italia vuol dire crescere in venti Regioni diverse, con regole diverse. Come vi muovete in questa giungla normativa?

«Non chiediamo budget, ma solo autorizzazioni.

Non pesiamo sulle risorse pubbliche. È vero che ogni Regione ha regole diverse per le autorizzazioni: in certi casi è solo un proforma, in altri i tempi sono un po’ più lunghi, come nel Lazio; in altri è ancora più difficile, come in Campania. Ma il nostro know-how amministrativo si accompagna a una grande qualità del servizio. Abbiamo costruito in questi anni un modello di sanità accessibile, smart, digitalizzata, che concilia prezzi accessibili, elevata qualità clinica e innovazione».

Il mercato della sanità privata è molto parcellizzato e molto legato al territorio. Voi volete diventare operatore nazionale, ma quanto è davvero possibile? In quali spazi?

«È la nostra scommessa. Certamente la spesa sanitaria privata è molto articolata. Per una spesa di circa 45 miliardi solo il 10% è intermediato da Fondi o assicurazioni. Il resto è out of pocket. E si tratta di una spesa sanitaria privata che è proporzionale al reddito pro capite. In Lombardia prima del Covid la spesa sanitaria pro capite era di 600 euro l’anno. In Calabria di 300».

Chi ha fatto l’affare? Unipol o Santagostino?

«Entrambi. Si tratta di una grande opportunità di sviluppo per Santagostino. E una grande opportunità di creare un’azienda leader in Italia per UnipolSai, un player di prima grandezza nel panorama italiano, con una forte attenzione al welfare nel suo complesso e una presenza già rilevante ai vertici della sanità privata».

Le sfide principali che riguardano la vostra crescita?

«Innanzitutto, trovare professionisti nuovi che condividano il nostro progetto. Non è banale l’arruolamento dei medici e dei professionisti sanitari in generale. La pianificazione territoriale ha bisogno di un geomarketing adeguato. In ogni territorio ci sono specificità e mix pubblico-privato diversi. Non a caso l’offerta privata esistente in sanità ha oggi una dimensione provinciale. Non ci sono operatori privati nazionali. Noi puntiamo a quello. Una chiave di volta, o se preferisce una sfida ulteriore, è quella della tecnologia. E anche in questo caso servono risorse finanziarie, che al nostro nuovo azionista non mancano». 

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