Sanità integrativa, pilastro del welfare davanti alla crisi economica

Sanità integrativa, pilastro del welfare davanti alla crisi economica
di Mario Baroni
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Novembre 2022, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 07:45

La crisi è cattiva consigliera, oltre che pessima compagna di viaggio.

Induce in comportamenti contrari al bisogno. Lo ricordava la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, nel corso dell’ultimo Insurance Summit svoltosi a Roma a ottobre: «Il rallentamento della crescita porta in genere a una minore domanda di coperture». Sanità, previdenza, assistenza (soprattutto rivolta alla non autosufficienza) costituiscono i tre pilastri di una sempre più necessaria protezione sociale. Forme di welfare che devono sussidiare l’offerta pubblica (di primo pilastro) con il contributo privato complementare e integrativo. Il ruolo e il contributo dell’assicurazione è proprio quello di ampliare la rete di protezione sociale. «Per proteggere gli italiani – ha ribadito la presidente Farina – è innanzitutto necessario garantire uno sviluppo sostenibile della nostra economia. Malgrado la situazione attuale, la transizione ecologica non potrà essere rallentata. Il nostro settore è determinato a garantire un fattivo contributo, integrando i principi Esg nell’intera operatività e nella governance delle nostre imprese. In tema di welfare intendiamo investire in complementarità con il Pnrr».

LE VOCI DI COSTO

 Una tra le più significative voci di costo nel bilancio dello Stato italiano deriva dalla spesa sanitaria che nel 2020 ha raggiunto 122 miliardi (7,4% del Pil) e il cui onere è destinato ad aggravarsi (era circa il 5% del Pil poco più di venti anni fa), soprattutto per effetto dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle patologie cronico-degenerative. In tale contesto, cresce costantemente la componente della spesa sanitaria che gli individui e le famiglie sostengono privatamente e che ora ammonta a circa 38 miliardi. La mancanza di protezione assicurativa a copertura delle cure mediche risulta evidente se si pensa che appena poco più dell’8% di questi costi privati sono riconducibili alle assicurazioni e il 2,6% a fondi e casse sanitarie.

La restante parte, 34 miliardi (quasi il 90%), è pagata ogni anno di tasca propria dalle famiglie italiane e ciò le rende più fragili ed esposte a esborsi imprevisti che, in alcuni casi, diventano insostenibili.

In un confronto europeo l’Italia risulta essere il Paese con la più alta incidenza da parte delle famiglie di utilizzo dei propri risparmi (circa il 90% rispetto a una media del 74%) per far fronte a cure e spese mediche. Questo aspetto è socialmente iniquo, perché mette le persone di fronte alla scelta tra pagare (quando sono in condizione di farlo) o, aspetto ancor più grave, rinunciare alle cure nel momento in cui si è più fragili. Sarebbe proficuo riflettere seriamente su un nuovo modello di welfare che combini al meglio le risorse pubbliche e private, con un ruolo più ampio assegnato alla sanità integrativa che, basandosi su un principio di mutualità, tipico delle assicurazioni, garantirebbe maggiore uguaglianza ai cittadini e più elevati livelli di protezione per i malati. «Per quanto riguarda le necessarie integrazioni al nostro prezioso sistema pubblico, in particolare quello previdenziale, vogliamo favorire la diffusione delle coperture integrative (che in Italia rappresentano solo il 6% del finanziamento complessivo delle pensioni, contro il 50% nel Regno Unito e il 52% nei Paesi Bassi). A tal fine, svilupperemo iniziative mirate e innovazione di prodotto» ha dichiarato la presidente Farina all’ultima assemblea Ania. Alla fine di giugno 2022 le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono passate da 9,7 a 10 milioni, in crescita di 280.000 unità (+2,9%) rispetto alla fine del 2021. Considerando coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, il totale degli iscritti è passato da 8,8 a 9 milioni. Nel 2021 resta rilevante, essendo pari a oltre 2,4 milioni di soggetti, la quota di iscritti che non hanno versato contributi, fenomeno che ha interessato i fondi pensione aperti in misura maggiore rispetto alle altre forme. Infine il capitolo – trascuratissimo – della non autosufficienza. L’Ania propone «l’istituzione di un sistema integrativo all’interno del quale le assicurazioni potranno concorrere, in partnership con il pubblico, al finanziamento e alla copertura dei bisogni di cura e assistenza nelle età avanzate. È perciò evidente che, per ampliare significativamente la protezione delle persone lungo tutto l’arco della vita, è indispensabile che il sistema pubblico disegni un efficace e bilanciato pacchetto di contributi e incentivi fiscali, in grado di favorire l’assunzione di responsabilità dei cittadini. Nel caso della non autosufficienza, è necessaria una riforma sostanziale, sviluppata secondo logiche di cooperazione pubblico-privato».

DI TASCA PROPRIA

Infatti, a fronte di un bisogno crescente, soddisfatto solo in parte con le prestazioni già previste dal sistema pubblico, per l’assistenza dei cari non più autonomi le famiglie sostengono direttamente, “di tasca propria”, esborsi rilevanti, la cui stima è resa difficile dal fatto che non tutte le forme di spesa, come quelle per collaboratori e collaboratrici familiari, sono registrate, ma che più fonti riferiscono essere superiori a 20 miliardi. In prospettiva, con la maggiore domanda di servizi sanitari e assistenziali dovuti all’invecchiamento della popolazione, e tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica, è plausibile che gran parte dell’onere economico aggiuntivo resterà direttamente a carico delle famiglie. Solo una mutualizzazione dell’onere può assicurare una copertura adeguata e un’assistenza dignitosa. © RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA