Casse professionali, sulla tenuta pesa l’incognita autonomia

Per alcuni istituti i dati sono ancora buoni, ma l’inverno demografico non depone a favore degli enti più piccoli

Casse professionali, sulla tenuta pesa l’incognita autonomia
di Marco Barbieri
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Mercoledì 3 Maggio 2023, 13:03 - Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 07:38

Da quest’anno medici di base e pediatri possono andare in pensione a 72 anni.

La misura è stata adottata per la carenza di professionisti in attività, ma è stata vista con favore anche dall’ente di previdenza di categoria, l’Enpam. Che ha addirittura reso ancora più flessibile i modi e i tempi di uscita dal lavoro. Per esempio attraverso l’adesione all’APP (Anticipazione della Prestazione Previdenziale). Entro aprile, infatti, i medici di famiglia e i pediatri avrebbero potuto chiedere una pensione part-time: meno lavoro, meno pensione. Un’opportunità sagace – la pensione part-time – che rallenta i tempi di pagamento delle pensioni, e favorisce le entrate di nuovi contributi. Si dirà che l’Enpam – con i suoi 25,35 miliardi di patrimonio e un avanzo economico 2022 di quasi 1 miliardo – non ha di questi problemi. Ma l’Enpam non rappresenta la media delle casse previdenziali private o privatizzate.

LA SITUAZIONE

 L’ultima fotografia scattata da Covip sulle casse previdenziali riporta i dati 2021. E il saldo contributivo era negativo per tre istituti: Cassa geometri, Enpaia (agricoli) e Inpgi (giornalisti). Per l’Inpgi sappiamo che è stata inglobata nell’Inps. Ma anche per spedizionieri (Fasc), notai (Cnn) e per l’ente pluricategoriale Epap (chimici, fisici, agronomi, attuari) lo sbilancio non era lontanissimo. Capita spesso di chiedersi se abbiano ancora senso gli ordini professionali – caratteristica molto italiana e pochissimo internazionale – alla cui base nascono le Casse, ma ancor più vale interrogarsi sull’opportunità di riservare a soggetti privati la possibilità di svolgere funzioni di pubblico interesse, cioè occuparsi dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia degli iscritti.

I principi di mutualità generale e l’inverno demografico incombente suggerirebbero tutt’altro. Nel XII Rapporto Adepp si legge che complessivamente nelle Casse «il numero di iscritti under 40 è diminuito dal 41% del 2005 all’attuale 28%. Nello stesso arco temporale è aumentato il numero degli over 60 che è cresciuto dal 10% al 20%». Nulla di buono per chi andrà in pensione fra 20 o 30 anni (e forse anche prima). E ancora: «Fatto 100 il numero degli iscritti al 2005 si nota come mentre gli iscritti attivi siano aumentati del 26% quello dei pensionati attivi è aumentato di quasi il 160%». Nessuno ignora i dati lusinghieri che le Casse (tramite Adepp) esibiscono con legittimo orgoglio: aumentano gli iscritti attivi e le entrate contributive; il patrimonio vola a 108 miliardi; 765 i milioni versati dagli enti nelle casse pubbliche. Ma il modello è destinato a tenere? O la fine dell’Inpgi non resterà isolata? In verità sembra che le Casse previdenziali abbiano un ritorno di fiamma nella considerazione del futuro equilibrio politico. Nel ddl Capitali è previsto un meccanismo finalizzato a portare verso l’economia reale le loro risorse. E dopo più di dieci anni d’attesa, entro giugno – secondo l’ultima Legge di Bilancio – dovrebbe arrivare un decreto ministeriale mirante alla regolamentazione degli investimenti, questione che ha spesso creato frizioni tra le Casse e la Covip. La contrapposizione sembra risolversi a vantaggio delle Casse e della loro autonomia. Cosa buona? Probabilmente sì, anche se un dubbio – di là delle regole formali di sostenibilità finanziaria a 30 o 50 anni, tra saldo totale e saldo previdenziale – è difficile da eliminare.

L’ORIZZONTE

 A Roma si usa spesso ripetere “più siamo, meglio stiamo”. Non è che la saggezza popolare abbia intuito più di quello che il rigore attuariale e le regole della mutualità generale possono dimostrare? L’obiettivo non sarà l’Inps per tutti, ma è lecito nutrire dubbi sul fatto che 1,7 milioni di professionisti possano garantire meglio il futuro loro (e dei loro più giovani colleghi) dispersi in una ventina di Istituti previdenziali diversi. 

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