Shale gas, nuovo Eldorado per l'America di Biden. Ma grazie a Obama e Trump

Shale gas, nuovo Eldorado per l'America di Biden. Ma grazie a Obama e Trump
di Andrea Bassi e Gianni Bessi
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 5 Ottobre 2022, 14:23 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 15:04

Non è chiaro chi abbia piazzato cinquecento chili di tritolo sotto il mar Baltico per far saltare le condutture del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2, i due gasdotti che dalla Russia portano il metano verso la Germania. Mosca accusa Washington, Washington accusa Mosca.

Ma a prescindere da chi sia stato il messaggio è chiaro. Da ambo le parti. Quei tubi erano il filo che legava la Russia all’Europa. Ed ora è stato reciso definitivamente. Qualunque sarà il mondo che verrà dopo la guerra in Ucraina insomma, indietro non si torna. Questo esito, la chiusura delle rotte del gas che dalla Siberia arrivano nel cuore delle case europee, in qualche modo era prevedibile. E la guerra, del resto, come diceva Carl von Clausewitz, «non è che la continuazione della politica con altri mezzi».

LA POLITICA

 Per quasi 15 anni le amministrazioni americane, a partire da quella di Barak Obama, avevano cercato di ostacolare l’abbraccio tra Berlino e Mosca. Obama aveva attaccato duramente la Germania, più che la Cina, per i suoi surplus commerciali, puntando l’indice contro Angela Merkel. Donald Trump ha proseguito sulla stessa strada. La costruzione del Nord Stream 2, il gasdotto da 12 miliardi di dollari che doveva trasportare gas dalla Russia con due linee parallele lunghe circa 1.200 chilometri partendo da Ust-Luga, a sud ovest di San Pietroburgo, e arrivare fino alla cittadina tedesca di Lubmin, vicino a Greifswald, è stato osteggiato in tutti i modi dal deep state Usa. A prescindere dall’amministrazione. Nell’ultimo giorno di mandato, il 19 gennaio del 2020, Trump ha imposto sanzioni alla società russa Kvt-Rus, proprietaria della nave posatubi Fortuna. In questo modo ha ampliato la minaccia di sanzioni statunitensi nei confronti delle aziende che forniscono servizi alle navi che posano tubi del progetto, così come quelle che svolgono attività di test, ispezione o certificazioni delle tubazioni. E questa è anche una delle ragioni per cui sarà quasi impossibile riparare i due gasdotti fatti saltare in aria. Chiunque si avvicinerà ai tubi sotto il mar Baltico rischierà di finire nella maglia delle sanzioni statunitensi.

Trump, insomma, ha continuato a sostenere una geopolitica aggressiva usando le risorse energetiche nazionali, dalle sabbie bituminose al gas scisto, ambendo non soltanto a una ritrovata indipendenza energetica, ma anche a portare gli Stati Uniti a dominare il mercato. E nemmeno Joe Biden si è discostato da questa rotta. La segretaria all’energia Gennifer Granholm, il 3 febbraio del 2021, ha confermato il sostegno dell’amministrazione americana alla produzione e commercializzazione di Gnl. Tutto per tranquillizzare i produttori texani e Wall Street esposti per miliardi sul settore delle risorse tradizionali. Il Gnl americano viene trasportato ai mercati orientali attraverso il Canale di Panama, che è stato allargato nel 2016 con un raddoppio della capacità. Le navi gasiere che passano dal Canale sono aumentate del 31 per cento in un solo anno. Ma Washington non guarda solo a Oriente. Le navi che partono dal terminale di Sabine Pass della compagnia Cheniere Energy si dirigono alla volta dei terminali polacchi e di quello di Klaipedia in Lituania. È stato il primo passo per entrare nel mercato del gas europeo e limare le quote di forniture russe nei paesi orientali.

AZIONE DOMINANTE

 Adesso con la guerra in Ucraina e con i due gasdotti Nord Stream fuori uso, l’America si prepara ad essere uno dei protagonisti fondamentali dei rifornimenti di metano all’Europa. Fino a giugno di quest’anno gli Stati Uniti hanno esportato 57 miliardi di metri cubi di gas Gnl, il 68 per cento dei quali sono andati nel Vecchio Continente.

Questo significa che le compagnie americane hanno mandato più gas in Europa durante i primi sei mesi del 2022 di quanto fatto durante tutto il 2021. Ma c’è anche un altro punto. E per comprenderlo dobbiamo tornare di nuovo a Trump e alla sua politica di “reshoring”, il rimpatrio delle produzioni americane sparse per il mondo. Nel suo ultimo discorso all’Unione, l’ex presidente americano aveva detto che l’America stava «ripristinando la potenza manifatturiera» della nazione. Per avere un’industria manifatturiera competitiva sui mercati globali, poter contare su un costo dell’energia basso è un fattore fondamentale. L’industria tedesca e quella italiana, per decenni hanno potuto contare sul gas russo a buon mercato.

Quell’epoca è finita per sempre e il prezzo del metano, che le imprese manifatturiere europee saranno costrette a pagare, sarà strutturalmente maggiore. L’industria americana grazie alla disponibilità di gas scisto e all’indipendenza energetica avrà un vantaggio competitivo importante. Quest’anno, finora, i prezzi di riferimento del gas in Europa sono stati in media di 34 dollari per milione di unità termiche britanniche (una unità di misura standard che si utilizza nel settore), contro i 29,99 dollari dell’Asia e i 6,12 dollari degli Stati Uniti. Tutto questo porterà a un riequilibrio nelle bilance commerciali dei vari Stati? Gli effetti già si vedono. A maggio di quest’anno, dopo 31 anni consecutivi di surplus, per la prima volta la bilancia commerciale tedesca ha chiuso con un deficit di quasi 1 miliardo di euro. Anche in Italia, dopo 10 anni di surplus, l’Italia avrà un deficit nei confronti dell’estero. Un deficit dovuto ai prezzi fuori controllo dell’energia. I soldi usciranno dal Paese per alimentare i bilanci di Norvegia, Qatar, Russia e anche dell’America per pagare lo shale gas. Il nuovo Eldorado, ma non per il Vecchio Continente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA