La finanza è più verde ma teme il paradosso delle fonti tradizionali

GettyImages
GettyImages
di Roberta Amoruso
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 06:00

É una vera rivoluzione quella che sta attraversando il mercato delle obbligazioni verdi. A ottobre salperà il primo green bond targato Ue, la prima tranche di debito pubblico congiunto emesso dall’Ue, 250 miliardi, pari a un terzo del Recovery Fund. Una mossa che, se combinata con le emissioni dei singoli Stati, rende l’Europa l’emittente di obbligazioni verdi più grande al mondo. Ma cambia anche pesi ed equilibri di un mercato ora più incentrato sulle obbligazioni sovrane che su quelle corporate. Secondo alcune stime solo le emissioni di green bond governativi Ue raggiungeranno i 47 miliardi, quasi il doppio rispetto al 2020. L’obiettivo delle obbligazioni verdi Ue è chiaro: indirizzare il flusso di denaro verso azioni di contrasto ai danni del Covid e di sostegno alla transizione verde. Saranno dunque esclusi gli interventi legati a fonti energetiche come il gas e il nucleare, su cui puntano invece diversi governi Ue. E non lo fanno a caso certi governi, visto che la crisi dei prezzi tra gas ed luce sta dimostrando la forza della domanda da Ue e Cina, ma anche il senso di una transizione ineluttabile che dovrà essere accompagnata anche dal gas. Va detto che la mossa della Commissione ha il suo peso politico visto che sono in corso a Bruxelles trattative serrate sulla cosiddetta “tassonomia” degli investimenti verdi, la classificazione delle attività da considerare eco-sostenibili e sulle quali verranno concentrati gli investimenti di Bruxelles.

Tra le attività che rischiano di venire escluse dal grosso dei finanziamenti europei ci sono proprio quelle legate al gas - dove già i big del settore hanno più che dimezzato gli investimenti - e quelle legate al nucleare.

Anche i grandi fondi d’investimento chiedono da tempo una ulteriore accelerazione del cambio di rotta alle major mondiali del petrolio. Di qui il paradosso: mentre la domanda mondiale chiede più carbone e gas e guarda a un inverno freddo con molti rischi, il necessario processo di decarbonizzazione del mondo, benedetto anche dai mercati, chiede l’azzeramento delle fonti fossili. Si chiede energia sempre più pulita per salvare il pianeta, ma anche che questo avvenga a prezzi accessibili. Un’impresa quasi impossibile. Soprattutto se si considera la burocrazia che frena la crescita delle rinnovabili. Comunque andrà a finire, la decarbonizzazione sta accelerando la trasformazione della finanza globale, dice Moody’s. Una sfida senza precedenti, ma anche un’opportunità per banche ed emittenti. Il rischio-transizione sarà sotto il faro della Bce, come dimostrano gli stress test in arrivo. Ma per le banche si aprono anche nuovi spazi di finanziamento. Da parte loro, le aziende che non riusciranno a trasformarsi rimarranno indietro nel gioco della competizione. Il conto sarà salato, ma alla transizione non c’è alternativa, meglio attrezzarsi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA