L'inflazione frena più del previsto: per la Bce il bivio della stretta monetaria

L'inflazione frena più del previsto: per la Bce il bivio della stretta monetaria
di Andrea Bassi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Febbraio 2023, 14:31 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 21:04

La fiamma dell’inflazione sembra ardere sempre meno. A cominciare dall’America.

A dicembre i prezzi al consumo negli Stati Uniti hanno registrato un lieve calo mensile e un rallentamento del dato annuale. Il dato “core”, quello depurato dalla componente dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, è cresciuto dello 0,3%, in linea con le attese. Su base annuale, il dato generale si è fermato al 6,5%, il dato più basso in quattordici mesi. Anche in Europa il caro-prezzi sembra essere arrivato a un picco. Ma quello su cui iniziano a interrogarsi economisti e analisti è quanto rapido sarà il calo dell’inflazione nel Vecchio Continente. Anche perché i prezzi del gas, principale causa dei rincari di tutti gli altri prodotti, sono crollati a una velocità del tutto inaspettata. Sembrano ormai lontanissimi i tempi in cui per acquistare l’equivalente di un Megawattora di metano bisognava spendere 350 euro. Ma era agosto, nove mesi fa. Poi si è scesi a 200 euro all’inizio dell’autunno, ai 150 euro di dicembre, fino ai poco più di 50 euro attuali. Che effetto avrà questo crollo verticale sull’inflazione? In un recente report, Unicredit ha spiegato che in Italia il peso dell’energia nel paniere usato per calcolare l’andamento generale dei prezzi è del 10%.

LE CONSEGUENZE

 Un azzeramento dell’inflazione dell’energia, dal 65 per cento di dicembre a zero, per esempio, comporterebbe una riduzione dell’indice generale dei prezzi di 6 punti. Siccome nell’ultima rilevazione l’inflazione era del 12,3 per cento, significherebbe scendere a poco più del 6 per cento. Calcoli simili, anche se con impatti minori, potrebbero essere fatti anche per gli altri Paesi europei. Per la Germania il calo sarebbe di 3 punti percentuali dell’indice generale, per la Francia di un punto e mezzo.

I REPORT

Anche per Goldman Sachs l’inflazione della zona euro ha già superato il picco. Dopo il forte calo dei prezzi all’ingrosso dell’energia, la Banca d’affari americana prevede che scenda intorno al 3,25 per cento. A rallentare, secondo gli esperti, sarà anche la componente core (al 3,3 per cento nel 2023), nonostante la pressione che eserciterà dagli aumenti delle buste paga. L’inflazione, insomma, sta scendendo più rapidamente delle aspettative degli analisti. Ma questo non eviterà un atteggiamento da “falco” della Banca centrale europea. Dopo lo scontato aumento di cinquanta punti base dei tassi di interesse a febbraio, la maggior parte degli analisti si aspetta una mossa simile anche a marzo. «Riteniamo probabile», ha spiegato Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac, «che Lagarde prosegua con una politica monetaria aggressiva, considerando che l’economia europea ha sorpreso al rialzo dopo le sue ultime dichiarazioni del 2022 e che le aspettative sul limite massimo dei tassi di interesse in questo ciclo di inasprimento si sono ridotte, così come quelle relative a sorprese al ribasso sui prezzi del gas».

Insomma, secondo Goldman Sachs, l’inflazione è ormai il «problema di ieri».

LA POLITICA MONETARIA

Preoccupa più l’andamento della congiuntura. Sul lato americano la Fed parrebbe ormai convinta che non serve mandare l’economia in recessione per fronteggiare efficacemente l’aumento dei prezzi. O quantomeno che non sarà necessario. In Europa la Banca centrale sembra invece ancora, come detto, orientata verso la stretta monetaria. Gli analisti si attendono che i tassi nel Vecchio Continente salgano fino al 3,25 per cento, per poi rimanere su questa soglia almeno fino al terzo trimestre del prossimo anno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA