Energia green, sulla transizione pesa l'incognita del clima

Prezzo del metano in calo e stoccaggi al di sopra della media rassicurano rispetto all’emergenza. Ma c’è un imprevisto che frena il programma Ue

Energia green, sulla transizione pesa l'incognita del clima
di Gianni Bessi
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Mercoledì 7 Giugno 2023, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 07:50

Il tema dell’energia, anche per quello che è accaduto nell’ultimo anno e mezzo, continua a tenere banco.

E in questo contesto – i cui confini sono la crisi di fine 2021, l’inizio della guerra in Ucraina e le nuove politiche energetiche europee – si è ripreso a discutere di prezzo del gas: se sia ancora troppo alto attorno a quota 30 euro oppure se possiamo sin d’ora considerarlo un punto d’arrivo. Inoltre, è finita l’emergenza o è soltanto una tregua? È lecito quindi chiedersi a che punto siamo. Ci aiuta il primo report trimestrale 2023 dell’Iea, l’International Energy Agency. Nel documento di diffonde un cauto ottimismo sui mercati, con i fondamentali che hanno registrato un miglioramento. La situazione però non è ancora stabile e una serie di elementi ci possono aiutare a comprendere perché vanno fatte certe scelte in risposta soprattutto alle urgenze. Intanto va considerata la diminuzione costante del prezzo del gas da metà dicembre 2022, per un considerevole 70%, mentre anche la situazione stoccaggi si rivela rassicurante, perché sono al di sopra della media del periodo. A ciò si aggiunga che ai Paesi dell’Unione europea serve solo la metà del gas, rispetto all’anno prima, per completare gli stoccaggi al 90%.

IN PROSPETTIVA

I fondamentali economici del mercato estivo, quindi, saranno avvantaggiati da un effetto di moderazione, mentre gli approvvigionamenti subiranno un restringimento ulteriore, dovuto al calo – o addirittura alla cessazione – delle forniture russe. Un calo, merita di essere evidenziato, che però non può essere bilanciato dall’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto. Proprio il mercato del Gnl sta diventando protagonista, sia sul piano economico sia su quello geopolitico. Con un dominatore: gli Stati Uniti, che nel 2023 saranno il più grande esportatore mondiale. E la Cina? Nonostante l’aumento degli acquisti di Gnl – e qui si conferma il restringimento del mercato – Pechino resterà al di sotto dei livelli 2021, che comunque, va detto, furono da record. Sicché, come accadde con il Piano Mattei, la diversificazione dei fornitori resta fondamentale. In questo scenario, centrale è il ruolo delle unità di rigassificatori di Piombino e Ravenna e di quelle di compressione che sta installando l’Eni, come la Tango in Congo, che può trattare circa 3 milioni di metri cubi di gas al giorno e produrre 0,6 milioni di tonnellate all’anno di Gnl. Una filiera che vede impegnate, oltre al cane a sei zampe, anche Snam, Edison, alcune multiutility e altre aziende cutting edge. Tornando al report Iea, tra i rischi del settore energetico vale la pena di citare gli effetti meteorologici avversi, un elemento spesso sottovalutato. Ogni variabile climatica incide sulle dinamiche di una società complessa e altamente sviluppata come la nostra, dove l’energia ne è il sistema nervoso. Il tutto mette in evidenza la necessità di una maggiore attenzione sulla sicurezza delle forniture e sulla resilienza del sistema, in particolare di quello elettrico.

IL TEST

Per capirlo utilizziamo due situazioni climatiche contrapposte capitate in Germania e con protagonista il vento: nel 2021 la sua diminuzione ha costretto i tedeschi a incrementare la percentuale di utilizzo di fonti fossili per garantire la stabilità dell’offerta elettrica, con una diminuzione del beneficio che le rinnovabili garantiscono in fatto di emissioni. Nel 2020 il problema furono i venti troppo intensi, che portarono a una produzione eccessiva di energia, in quantità tale che il tratto settentrionale della rete riusci a trasportare solo in parte. Una sovrapproduzione inutilizzata che causò gravi problemi in tutta Europa. Questi due eventi “estremi” confermano quali siano i limiti delle rinnovabili e quali sovraccosti si nascondano nella loro discontinuità produttiva. Un limite che diviene lampante se analizziamo il modo in cui viene sostenuta la loro diffusione, vale a dire in una sorta di modello fotocopia. In sintesi, per aumentare la loro presenza nella produzione energetica sono state omologate alle non-Fer (ovvero, non-Fonti energetiche rinnovabili) invece che produrre una reale integrazione di sistema e applicando soluzioni per risolvere le loro criticità, che sono l’impossibilità di stoccaggio e la non densità.

LA RIFLESSIONE

Dunque, prima conclusione: la transizione verso l’energia pulita e la sua crescita nel mix di generazione aumenteranno l’incidenza degli eventi meteorologici sulla produzione di elettricità con tutte le conseguenze del caso. Qui siamo di fronte a un elemento poco dibattuto: in un mondo dove gli eventi meteo non sempre sono prevedibili, le nostre valutazioni ex ante – esempi sono l’intensità del vento, le percentuali di precipitazioni o intensità solare – sul come e dove programmare gli investimenti in rinnovabili corrono il rischio di essere disattese. E, come evidenzia il capo economista della Banca d’Inghilterra Huw Pill, «la transizione green ci forza a comprare energia più costosa e non programmabile, mentre interi settori vengono incentivati a investire somme ingenti in programmi avveniristici che non porteranno risultati prima di molti anni. E questi costi sono scaricati sulla fiscalità generale e sui prezzi dei beni».

IL MODELLO DI GESTIONE

Quindi? Partiamo dal presupposto che nessuno nega che occorra procedere con passo svelto verso la decarbonizzazione. Ma per farlo occorre un modello di gestione che proceda grazie a step intermedi. Che eviti squilibri di gestione di una rete e un assetto produttivo con il rischio di uno swing giornaliero altalenante ma con uno sviluppo equilibrato dell’elettrificazione da rinnovabili, con un utilizzo di molecole ancora più verdi e con un mix gas-idrogeno. In questo cammino, o corsa a seconda di che passo riusciremo a mantenere, diviene ancora più strategico il ruolo del gas naturale come scialuppa di salvataggio, tenuto anche conto che il phase out dal carbone è previsto per il 2025. Perché è pur vero che andare da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano.

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