Canale di Suez, Italia batte Cina: è prima nella top ten sulle connessioni via mare con l'Egitto

Il nuovo studio di Srm premia il nostro Paese. Il direttore generale Massimo Deandreis: l'export-import sta crescendo in maniera esponenziale

Il Canale di Suez
Il Canale di Suez
di Alessandra Camilletti
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Mercoledì 3 Maggio 2023, 13:26 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 17:00

Chiamiamolo pure sorpasso. L’Italia sale dal quinto al primo posto. La Cina scivola dal primo al quarto.

Nel 2021 l’Italia è stata il Paese più connesso via mare con l’Egitto, seguita da Spagna, Arabia Saudita e Cina, che ne aveva invece la leadership. A parlare sono i numeri. In particolare, l’indice bilaterale di connettività marittima, indicatore che misura la connessione da Paese a Paese attraverso le navi container. Un raffronto a quindici anni (2006-2021) considerato strategico. Anche perché parlare di Egitto significa parlare di Mediterraneo. E di Suez, canale in cui transita il 12% del traffico marittimo mondiale. A conti fatti, il 30% del volume di container del trasporto marittimo internazionale, quasi il 5% del greggio mondiale, il 10% dei prodotti petroliferi e l’8% dei flussi marittimi di Gnl. Ancora qualche numero: il traffico in valore tra Unione europea ed Egitto (30,7 miliardi di euro) viaggia via mare per l’81 per cento. «Il dato è qualificante perché dimostra che questo tipo di connessione è indispensabile, ed è cresciuta in modo particolarmente significativo», sottolinea Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, il centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo autore del rapporto “The Suez Canal 2023” realizzato insieme ad AlexBank, controllata egiziana della banca italiana, che ha presentato il report proprio al Cairo.

IL TERMOMETRO

Va detto che l’Europa è il principale partner commerciale dell’Egitto. E l’Italia è il primo in ambito europeo. Un termometro dell’importanza strategica di Suez per il nostro Paese. Aggiunge Deandreis: «Se nel 2022 l’import-export con l’Egitto è stato pari a 7 miliardi di euro, quello verso Paesi che per noi sono raggiungibili solo attraverso Suez è di quasi 83 miliardi di euro (circa il 40 per cento del totale interscambio via mare dell’Italia, ndr). Pensiamo all’India, al Golfo, alla Cina». Pandemia, conflitto in Ucraina, reshoring e nearshoring. Che cosa è successo in questi anni, fino a provocare un’inversione della top ten del Port Liner Shipping Connectivity Index che nel 2021 ha visto irrompere sei Paesi del Mediterraneo allargato (che comprende anche Mar Rosso e Mar Nero) nell’elenco dei primi dieci partner con l’Egitto? Nel 2006 vicino alla vetta, oltre alla Cina c’erano i Paesi del Nord Europa e solo Italia e Spagna rappresentavano il West Med nella top ten. La Germania, allora terza, è oggi del tutto assente. «Sui flussi del canale in generale la pandemia è stata totalmente superata e anche la guerra, dal punto di vista dei traffici, non ha avuto particolari effetti – spiega Deandreis – Poche settimane fa, il 13 marzo, il canale ha raggiunto il record di 107 navi in transito, su base annua sono 24mila navi. Un dato cresciuto del 15% rispetto al 2021 (e del 42% sul 2013, ndr). E sono esclusi dal conteggio navi militari e traghetti. Sembra quasi che tutte le tensioni internazionali non si siano ripercosse sui traffici. Sono di sicuro cresciute le rotte regionali, che collegano l’Europa con l’Africa e con il Golfo, e non dall’Asia al Mediterraneo. Frutto del processo di regionalizzazione: il commercio mondiale continua a essere importante per volumi totali, ma calano le rotte equatoriali dall’Asia all’America, per l’accorciamento delle catene». Pensare che a marzo 2021 scattò l’allerta Suez dopo che una nave si incagliò bloccando a lungo il passaggio nel canale. Al 2027 il rapporto di Srm prevede che il traffico container dell’area Med crescerà del 3,5%, più della media mondiale (+2,8%) e di Cina (+2,5%) e Nord America (+2,2%). «Mediterraneo e Suez sono le uniche aree a detenere il contatto tra Asia, Africa ed Europa. E anche per collegare la Cina alla costa atlantica degli Stati Uniti la via più breve ed economica è Suez – spiega il direttore di Srm – Ed è per questo che le previsioni di crescita sono così positive. Anche il canale di Panama è stato ampliato ma non ha avuto una crescita altrettanto esponenziale».

IL FENOMENO

E si torna al processo di regionalizzazione. Un fenomeno contingente o comunque destinato a durare? «È contingente nel senso che le cause, come le tensioni Cina-Usa e la guerra, accelerano processi di frammentazione rispetto alla globalizzazione – sottolinea Deandreis – Ci sono segnali però che ci portano a dire che questi fenomeni sono destinati a durare, anche perché non ci sono vere alternative all’orizzonte. La rotta artica su cui si ragionava prima della guerra, e che presentava comunque problemi tecnici, ora sarebbe da rivedere. La via ferroviaria tra Asia ed Europa è cresciuta molto ma non è ragionevole immaginare che sia una direttrice alternativa al mare. Basti pensare che la ferrovia passa venti confini e già questo è elemento di instabilità geopolitica. Le navi dopo 12 miglia rispondono invece al diritto internazionale. Il commercio continuerà grandemente a spostarsi via mare». Naturalmente, con l’Italia al centro.

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