Boom export e il rallentamemto di marzo, Confindustria: serve il supporto dal governo sul fronte competitività

Il presidente di Confindustria: continueremo a fare bene solo se arriveranno spinte concrete

Boom export e il rallentamemto di marzo, Confindustria: serve il supporto dal governo sul fronte competitività
di Michele Di Branco
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Mercoledì 3 Maggio 2023, 12:57 - Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 16:54

Segnali di stanchezza per il Made in Italy» titolava martedì 2 maggio un’agenzia di stampa sull’anticipazione che l’Istat aveva diffuso in mattinata. In effetti a marzo, dopo due mesi di crescita, l’export verso i Paesi extra Ue27 ha segnato una riduzione del 4,6 per cento su base mensile.

Nel dettaglio, spiegava l’Istat, per il terzo mese dell’anno l’interscambio commerciale con i Paesi non appartenenti all’Unione si registra una diminuzione congiunturale per entrambi i flussi, molto più ampia per le importazioni (-12,9%) rispetto alle esportazioni (-4,6%).

La diminuzione su base mensile dell’export è spiegata soprattutto dal calo delle vendite di beni di consumo non durevoli (-11,9%), ma soprattutto si sono rivelate in forte contrazione le esportazioni di energia (-27%) mentre sono aumentate quelle di beni di consumo durevoli (+2,7%) e, in misura contenuta, di beni strumentali (+0,7%) e di beni intermedi (+0,3%). Questo è quanto dicono i freddi numeri.

QUADRO VITALE

E tuttavia va segnalato che la flessione di marzo si inserisce in un quadro che resta di grande vitalità. Infatti nel primo trimestre 2023, rispetto al trimestre precedente, l’export è aumentato dell’1,3%, trainato in particolare dalle maggiori vendite di beni di consumo non durevoli (+9,2%). Sicché su base annua è cresciuto del 6,6% (da +17,2% di febbraio). A esclusione della voce energia (-19,9%), la crescita riguarda tutti i raggruppamenti ed è più sostenuta per i beni strumentali (+10,6%) e i beni di consumo non durevoli (+8%). Quanto agli aspetti geografici, a marzo l’export risulta in aumento in termini tendenziali verso il gruppo Mercosur (+28%), Cina (+26,3%), Turchia (+25,4%), Asean (+20%) e Stati Uniti (+9,3%); per contro, si sono ridotte le vendite verso il Giappone (-9,8%), la Svizzera (-9,3%), il Regno Unito (-7,9%) e i Paesi Opec (-3,6%). Detto ciò, l’Istat segnala che il surplus commerciale con i Paesi extra Ue27, sostenuto dal forte avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici, è pari a 8.455 milioni, il più alto da oltre trent’anni. Il che non cancella le incertezze che si sono paventate con i dati di marzo. Nello scenario elaborato dal centro studi di Confindustria si spiega infatti che «sia le esportazioni italiane di beni e servizi sia le importazioni, dopo la forte espansione nel 2022 non sfuggiranno al generale rallentamento nel 2023». Tutto questo è dovuto, fanno sapere gli economisti di Viale dell’Astronomia, «soprattutto all’indebolimento del contesto internazionale». Che però non impedirà che il 2024 sia migliore seppure di poco, tornando ai ritmi medi di crescita del periodo pre-pandemia. I motivi della straordinaria performance dell’export italiano lo scorso anno nonostante lo shock energetico, una performance nettamente migliore di quella di partner europei come Germania e Francia, secondo Confindustria, sono da ricercarsi in alcuni elementi ben identificati: una base manifatturiera rafforzata, un’ampia diversificazione nei prodotti e lungo le filiere di produzione e un significativo miglioramento competitivo nei costi e nella composizione qualitativa.

LA CONFINDUSTRIA

Secondo Confindustria, questa forza dell’export aiuta a spiegare, in generale, la grande resilienza mostrata dall’industria italiana nell’annus horribilis sul fronte dei costi che è stato il 2022. Ma ha inciso, secondo l’ufficio studi degli industriali, anche la solidità mostrata dalle piccole e medie imprese e la tenuta dei margini in alcuni settori della manifattura che ha reso possibile alimentare produzione e investimenti. Per il futuro, però, «particolare attenzione occorrerà prestare alla perdita di competitività cui sono esposti i settori energy intensive che, più di altri, hanno contribuito alla riduzione dei consumi di energia lo scorso anno contraendo la produzione». I prezzi dell’energia, sebbene decisamente più bassi dello scorso anno, rimangono infatti elevati e comunque più alti di quelli registrati nelle economie fuori Europa. Resta il fatto che sempre l’Istat ha anticipato per quest’anno una crescita del Pil probabilmente di molto superiore all’1% visto che la crescita già acquisita ruota attorno allo 0,8% grazie alla tenuta dell’export. «Ma attenzione – avverte il presidente degli industriali Carlo Bonomi in una recente intervista al Messaggero – Se è vero che questi numeri fanno ben sperare, è però anche vero che è pericoloso pensare che l’industria italiana possa continuare a fare da sola. Noi abbiamo dimostrato di saper fare bene il nostro mestiere ma la politica deve avere chiaro che senza vere e serie misure per la competitività sarà sempre più difficile ottenere questi risultati».

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