Delega fiscale, lo scontro sul catasto riduce il taglio delle tasse. Ecco come

Delega fiscale, lo scontro sul catasto riduce il taglio delle tasse. Ecco come
di Luca Cifoni
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Mercoledì 4 Maggio 2022, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 01:02

Era partita con grandi ambizioni: riordinare un sistema farraginoso e complicato da cinquant’anni di incoerente stratificazione normativa, riducendo nei limiti del possibile il peso delle tasse sui contribuenti italiani: in particolare di quelle che penalizzano il lavoro.

In più, la riforma fiscale si dovrebbe inserire – anche se non ne fa parte in senso stretto – nel quadro delle misure politiche che accompagnano e rafforzano il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ora, al momento della stretta finale, tutto il progetto è quanto meno in bilico. L’avvio dell’esame della legge delega nell’aula della Camera dei deputati è stato calendarizzato per la prossima settimana, ma maggioranza e governo sono ancora alla ricerca di un compromesso. Che si presenta non facile. In mancanza di un’intesa, non è esclusa la possibilità che il testo finisca su un binario morto: per l’esecutivo sarebbe uno smacco politico notevole, mentre il Parlamento vedrebbe almeno in parte vanificato l’intenso lavoro preparatorio fatto lo scorso anno dalle commissioni di Camera e Senato.

LO SNODO

Il nodo principale è ancora quello del catasto, sul quale resta fortissima l’ostilità di Lega e Forza Italia. La norma in questione avvia una revisione dell’attuale sistema, che sarà disponibile a partire dal 2026 e non potrà essere utilizzata per finalità fiscali: un punto sul quale il governo ha fornito ulteriori rassicurazioni, che però non sono bastate ad avvicinare l’accordo. Quella che viene presentata come una ricognizione dell’attuale panorama immobiliare, finalizzata a superare valori catastali che in molti casi risalgono ai decenni passati, è invece secondo il centrodestra il cavallo di troia per un incremento del prelievo, anche se rinviato al futuro. Dopo che è fallito il tentativo di stralciare l’intero articolo, ora il confronto è soprattutto sul riferimento ai valori di mercato ai quali dovrebbero adeguarsi le nuove rendite, affiancate da valori patrimoniali. Le posizioni rimangono contrapposte, nonostante i contatti degli ultimi giorni, e non è detto che un semplice espediente linguistico (come citare le quotazioni dell’Omi, l’Osservatorio del mercato immobiliare) possa risolvere lo stallo; per cui l’approdo del testo in aula rischia di avvenire al buio. Sullo sfondo c’è l’eventualità che il presidente del Consiglio decida di forzare la mano andando al voto di fiducia, che è però una prassi piuttosto insolita quando in ballo c’è una delega. Altro capitolo caldo è quello relativo alla cosiddetta tassazione “duale”, ovvero il principio in base al quale sui redditi da capitale viene applicato un prelievo proporzionale distinto dall’Irpef e tendenzialmente unico. Pure questo aspetto – dal punto di vista dei critici – potrebbe rappresentare la premessa per un incremento della pressione fiscale visto che oggi esistono aliquote differenziate per gli affitti con la “cedolare secca” (10 o 21 per cento) per i titoli di Stato (12,5) e per il grosso delle altre rendite (26).

Se fosse fissato un valore intermedio (anche se di per sé la delega non contiene cifre, rinviate ai successivi decreti legislativi) alcuni di questi cespiti subirebbero un aumento di imposta. In una fase transitoria le aliquote potrebbero essere due, il che comunque non esclude l’eventualità di un aggravio relativamente ad alcune voci. Sul “duale” comunque una qualche quadratura del cerchio si potrebbe trovare, una volta dipanata la più aggrovigliata matassa del catasto.

GLI ASPETTI CONDIVISI

Nel frattempo sono state definite soluzioni condivise su altri punti: ad esempio l’uscita graduale dal regime di flat tax per le partite Iva oppure l’avvio della trasformazione delle detrazioni di imposta in rimborsi diretti con un meccanismo simile a quello del cashback. Il primo tema era caro alla Lega, il secondo al Movimento Cinque Stelle. In generale, al di là dell’esito finale, il percorso della legge delega è diventato via via più incerto dopo il buon lavoro di istruttoria fatto dalle Camere, del quale il governo aveva comunque deciso di tenere conto. Certamente non ha aiutato l’avvicinarsi della fine della legislatura e quindi della campagna elettorale. E nemmeno l’emergenza economica scatenata prima dalla pandemia e poi dalla guerra: le riforme complesse sono di più facile gestione in tempi normali.

I POSSIBILI EFFETTI

Per quanto riguarda il possibile effetto sui contribuenti in termini di riduzione del carico fiscale, il provvedimento è condizionato dal vincolo finanziario che lega qualsiasi diminuzione di imposta ad una specifica misura di reperimento delle relative risorse. In realtà esiste anche una dotazione specifica, ricavata dai proventi del contrasto all’evasione fiscale. Circa otto miliardi però sono già stati utilizzati per i primi interventi su Irpef e Irap attuati quest’anno e i margini futuri restano incerti. Insomma, la delega potrebbe sì andare in porto, ma depotenziata sia nella sua portata riformatrice sia nell’impatto concreto per cittadini e imprese.

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