Codice appalti, gare sì ma non per tutti: Anac dimezza le stazioni

Il presidente Busìa: «Progetti selezionati per complessità di realizzazione»

Codice appalti, gare sì ma non per tutti: Anac dimezza le stazioni
di Marco Barbieri
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Mercoledì 7 Giugno 2023, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 07:46

Delle 36mila stazioni appaltanti esistenti in Italia (con oltre 100mila centri di spesa) ne resteranno più o meno la metà.

Sarà uno degli effetti della riforma predisposta da Anac e diventata operativa con il nuovo Codice degli Appalti. Le stazioni appaltanti attrezzate in base alle capacità, all’esperienza, alla presenza di professionalità nella Pubblica amministrazione, all’utilizzo delle tecnologie digitali, potranno continuare a indire gare d’appalto. Le altre dovranno avvalersi di centrali di committenza unica più più strutturate. È uno dei risultati che Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, presenta oggi 8 giugno presso la Camera dei Deputati nel corso della sua Relazione annuale sull’attività svolta. «Per far funzionare una macchina complessa come quella degli appalti e dell’acquisto di servizi e forniture, occorre che il compratore pubblico sia qualificato. Per comprare bene, servono competenze», spiega il presidente Giuseppe Busìa, anticipando alcuni dei temi del suo intervento. «Gare complesse non possono essere fatte da piccole stazioni appaltanti senza qualificazione. Altrimenti finiamo per buttar via i soldi. Come si fa, allora? Vengono fissate soglie e fasce di gare, individuate non solo per quantità ma anche per complessità dell’appalto. Poi misureremo le stazioni appaltanti sulla base dell’esperienza».

DALLA CIVIT A CANTONE

Autorità amministrativa indipendente, istituita dalla Legge Severino 190 del 2012, si occupa di prevenzione della corruzione, trasparenza nella pubblica amministrazione, vigilanza sugli appalti e sulla corretta gestione dei contratti pubblici. «In sostanza, si propone come l’Autorità della Buona Amministrazione» aggiungono all’Anac. La storia dell’Anac quindi ha poco più di dieci anni ed è coincisa con il protagonismo del suo primo presidente, Raffaele Cantone.

Ancor prima della lotta alla corruzione, l’Anac (ai tempi del debutto della trasparenza amministrativa si chiamava Civit, le cui funzioni sono state assorbite in Anac) era stata vista come fonte di eccessiva burocratizzazione dei percorsi decisionali. Con fini nobili, ma con esiti spesso contrastanti l’efficacia dell’azione economica e amministrativa. Inutile negare che il ruolo dell’Anac sia talvolta occasione di critiche che hanno visto nelle iniziative dell’Autorità i prodromi di un giustizialismo che avrebbe rischiato di non far decidere gli amministratori (soprattutto i sindaci), esposti a rischi di accuse (abuso d’ufficio), denunce e condanne. E i controlli preventivi sono spesso avvertiti come una intrusione nel mercato, come in una aggiornata versione di Minority Report, in cerca di illeciti, prima ancora che vengano commessi. Per contro, la visione dall’interno è di una “vigilanza collaborativa” nei confronti delle amministrazioni, per consentire interventi tempestivi a garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione, senza nessuna perdita di tempo. Senza dubbio è da sempre impegnata sul fronte della digitalizzazione dei contratti pubblici. Con il Pnrr prima e ora con il nuovo Codice degli Appalti, Anac è diventata protagonista attraverso la propria banca dati del passaggio completo al digitale. Tutto il ciclo di vita del contratto pubblico, dalla programmazione dell’opera alla sua esecuzione finale, viene digitalizzato. Al punto che da gennaio 2024 sarà obbligatorio l’E-procurement: chi non rientra negli standard di digitalizzazione, non potrà più effettuare gare e appalti (non verrà rilasciato il Cig).

BASTA DUPLICAZIONI

Già oggi la banca dati Anac collega i dodici enti certificanti il possesso dei requisiti necessari per ogni appalto (Agenzia entrate-regolarità fiscale, Inps, Inail, Casse edili-regolarità contributiva, ministero della Giustizia-casellario giudiziario, ministero dell’Interno-certificazioni antimafia, eccetera), creando un unico strumento: il fascicolo virtuale dell’operatore economico che certifica i documenti rapidamente e senza inutili duplicazioni. Dunque, una nuova mission per rendere più facile espletare quella principale.

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