Trasporto merci, l'ombra di Cargolux sulle nuove mire di Msc che punta verso Ita

Trasporto merci, l'ombra di Cargolux sulle nuove mire di Msc che punta verso Ita
di Umberto Mancini
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Luglio 2022, 12:11 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 17:15

Se il nuovo partner di controllo di Ita Airways avrà vita meno travagliata della compagnia sorta sulle ceneri di Alitalia, su un fronte dovrà però prepararsi a sfoderare le unghie: il cargo.

Che a vincere la gara sia il tandem Msc-Lufthansa o la combinazione Certares-Air France-Delta, entrambi si troveranno a dover fare i conti con Cargolux, la filiale italiana della compagnia lussemburghese che da 14 anni, ovvero da quando Alitalia rinunciò ad operare nel settore del trasporto merci, domina la scena italiana pur operando con incerta legittimazione. I numeri che macina non sono peanuts. Basti dire che il bilancio 2021 di Cargolux Italia si è chiuso con un fatturato di 473 milioni e un utile pre-tasse di 160 milioni. Impensabile, quindi, che la casa-madre lussemburghese (il cui bilancio ha chiuso con ricavi per 4,4 miliardi e un utile pre-tasse di 1,7 miliardi) accetti di condividere una torta che ha conquistato in tre lustri di attività condotta sul filo.

LA PRIORITÀ

Che il tema del cargo sia tra le priorità del sistema Italia è provato da una recente dichiarazione del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. «Il piano nazionale degli aeroporti che stiamo preparando - ha annunciato Giovannini - investirà di più sul cargo. Non è un caso che Msc-Lufthansa e Air France-Delta hanno espresso interesse per Ita. Il fatto che Msc abbia deciso di costituire una sua società di autotrasporto è segno di cambiamento profondo che le catene logistiche stanno avendo». E nemmeno è un caso che all’inizio di giugno si sia svolta sul tema una “expert session” tra esponenti di Msc, Lufthansa e Ita per individuare sinergie possibili ed eventuali integrazioni nel caso dovesse vincere il tandem svizzero-tedesco. D’altronde, insieme al trasporto passeggeri proprio il cargo viene considerato un pilastro nell’offerta vincolante consegnata al Tesoro martedì 5 luglio dal colosso di Gianluigi Aponte. C’è però un ostacolo che andrà superato: Ita Airways fino al 2026 dovrà limitarsi al trasporto passeggeri in quanto l’attività di trasporto merci le è vietata da Bruxelles per evitare che si possa parlare di continuità con la vecchia Alitalia. Per superare l’impasse, durante l’”expert session” di giugno sono state simulate alcune ipotesi di joint venture o di integrazione vera e propria fra Msc, il cargo di Lufthansa e Ita stessa.

Ma non tutte le criticità verrebbero così superate. Resta aperta la questione delle certificazioni aeronautiche che, per legge, possono essere rilasciate solo a società autenticamente italiane.

L’ESEMPIO FRANCESE

E poiché Ita è bloccata dal divieto temporaneo di Bruxelles (non a caso per non perdere la clientela ereditata dalla vecchia Alitalia fin da subito si è affidata alla piccola AlisCargo, unica compagnia interamente italiana che dispone di tutte le autorizzazioni del caso), delle due l’una: o la cordata vincente fonda una propria società cargo interamente italiana e segue la trafila burocratica per ottenere le necessarie autorizzazioni; oppure, seguendo l’esempio francese che ha portato alla nascita del gruppo Cma-Cgm, acquista l’unica compagnia italiana disponibile. Ma quand’anche riuscisse ad assicurasi il controllo di AlisCargo - cosa non scontata, visto che il fondatore Alcide Leali sembra determinato a proseguire in proprio l’avventura avviata due anni fa - resta da affrontare l’agguerrito competitor Cargolux. E qui torna d’attualità un’inchiesta condotta dall’Espresso nel 2015. Secondo il settimanale, nonostante non avesse nulla di italiano (praticamente nessun pilota, nessun aereo, nessuna autonomia finanziaria perché tutto veniva deciso e fornito dalla controllante lussemburghese), nel 2009 Cargolux riceve dall’Enac la licenza per operare a Malpensa, potendo così entrare negli accordi internazionali di ripartizione del traffico come fosse un operatore italiano. Scrive L’Espresso: «Per la compagnia del Granducato lo sbarco nello scalo lombardo fu di eccezionale importanza: l’espansione in Italia con l’apertura di una filiale, ancora oggi l’unica all’estero del gruppo, è una mossa cruciale per uscire dalla crisi profonda che l’aveva colpita. Una crisi che Cargolux ha fronteggiato anche grazie ad aiuti di Stato per centinaia di milioni, ottenuti in varie forme. Prima di tutto il governo, guidato dall’attuale presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha fornito garanzie perché la compagnia potesse acquistare aerei più moderni; poi ha finanziato l’aumento di capitale della società, di cui è tutt’oggi azionista. Infine, nel 2013, ha ricomprato da Qatar Airways il 35% del capitale che gli emiri avevano acquistato 18 mesi prima». Insomma, un salvataggio in piena regola, con tanto di aiuti di Stato e un curioso “contributo” proveniente dall’Italia. Da segnalare che nonostante alcuni fondati ricorsi a Bruxelles contro quegli aiuti di Stato, la Commissione Ue, così severa verso ogni minima mossa di Alitalia, non si è mai espressa.

LA CASA MADRE

Nel frattempo Cargolux Italia ha provato a mettersi in regola assumendo un centinaio di dipendenti. Ma basta leggere la relazione al bilancio 2021 per apprendere che: 1) i quattro aeromobili in carico appartengono alla casa madre lussemburghese; 2) alla casa madre sono interamente appaltate le attività connesse alla loro gestione; 3) spesso la casa madre noleggia alla controllata italiana aerei completi di equipaggio e annessi vari; 4) infine, l’attività di gestione e sviluppo commerciale di Cargolux Italia è interamente in capo alla casa madre. Difficile parlare di società autonoma, pur avendo sede in Italia. Forse la cordata chiamata a farsi carico del futuro di Ita dovrebbe approfondire la questione.

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