L'ad di Bpm Giuseppe Castagna: «Il Banco è pronto per una grande fusione. Ecco le nostre condizioni»

L'ad di Bpm Giuseppe Castagna: «Il Banco è pronto per una grande fusione. Ecco le nostre condizioni»
di Rosario Dimito
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Mercoledì 31 Marzo 2021, 15:43 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 06:00

Dottor Giuseppe Castagna, a breve quasi certamente partirà una nuova tornata del risiko bancario. Come si colloca in questo orizzonte Banco Bpm, l’istituto probabilmente più ambito?

«Il contesto bancario attuale non può prescindere dal riflettere su operazioni di M&A. Sono passati quattro anni dalla fusione che ha visto nascere Banco Bpm e oggi ci sentiamo pronti per valutare tutte le opzioni verso ulteriori aggregazioni. Banco Bpm per storia e per scelta è una banca di prossimità, ed essere oggi la terza banca del Paese ci permette di continuare a svolgere questo ruolo importante per famiglie e imprese. Anche con un’operazione che ci faccia crescere continueremo a conservare questo dna, ma con dimensioni tali da affrontare al meglio lo scenario competitivo che si sta delineando».

Analisti e osservatori continuano a formulare ipotesi e a immaginare potenziali merger per voi: Unicredit, Bper, Mps, e ora anche Carige. Quale potrebbe essere l’opzione migliore per il Banco?

«La validità industriale è per noi preminente. La nostra posizione attuale si è rafforzata grazie alla revisione della partnership con Cattolica Assicurazioni e, in prospettiva, dalle potenziali opzioni che si aprono alla scadenza dell’accordo con Covea. Questa condizione ci permette di scegliere tra l’accrescere la nostra competitività e redditività stand alone o in alternativa esplorare le possibili strade sul fronte M&A. Ricordando anche il fatto che la legge di Bilancio 2021 introduce elementi oggettivi di convenienza per le aggregazioni bancarie, a patto che si perfezionino entro l’anno».

Non ha però risposto su quale sarebbe l’opzione migliore...

«Al momento siamo in una fase in cui non tutti i possibili interlocutori sono disponibili a valutare la soluzione potenzialmente migliore, in grado di creare valore per entrambe le banche e capace di soddisfare le aspettative degli azionisti e di tutti gli altri stakeholder».

I cambi al vertice previsti in Bper, con l’arrivo di Piero Montani, e in Unicredit, che attende l’insediamento di Andrea Orcel, quali scenari possono aprire?

«Indubbiamente queste novità possono in qualche modo risultare decisive, in un senso o nell’altro, nel futuro assetto del sistema bancario. Cambiano gli scenari e bisognerà capire di conseguenza come si profilano le idee e le intenzioni di chi sarà alla guida di queste importanti realtà, quali le loro priorità e come pensano di approcciarsi a potenziali operazioni. Certamente il dialogo da parte nostra rimane aperto e il fatto che possano cambiare gli interlocutori, non cambia la disponibilità alla collaborazione e all’eventuale sviluppo di relazioni proficue».

La Bce preme perché banche delle dimensioni della sua accelerino il processo di aggregazione. L’emergenza Covid è di ostacolo a ciò, oppure è motivo di ulteriore accelerazione?

«Da un lato le restrizioni imposte dall’emergenza Covid hanno allentato, soprattutto nella fase iniziale, l’opportunità di contatti e scambi con gli interlocutori, imponendoci anche un momento di riflessione sulle sfide più urgenti. D’altro canto, questa pandemia ha reso il consolidamento bancario più urgente al fine di ridurre i costi, accelerare sulla trasformazione digitale, implementare i piani sulla sostenibilità, dare nuovo impulso alla redditività e, non in ultimo, affrontare la sovracapacità del sistema bancario».

E come si sta attrezzando il Banco in quest’ottica?

«L’evoluzione sul digitale è diventata una priorità assoluta, visto tra l’altro che la pandemia ci ha fatto fare un salto triplo proiettando oltre l’83% l’incidenza delle operazioni online.

Per non dire della razionalizzazione della rete di filiali, che in 4 anni sono passate da 2.500 a 1.500. Credo che in un futuro abbastanza prossimo la nostra industry si caratterizzerà per la presenza di due-tre grandi gruppi italiani e un paio di gruppi internazionali che faranno il core del sistema e poi di una serie di banche specialistiche, digitali e di piccole realtà locali dedicate all’offerta di servizi di nicchia».

In quale misura potrebbe provocare un’impennata dei crediti deteriorati la fine della moratoria?

«La nostra attenzione è sempre molto elevata. Proprio grazie a questo continuo monitoraggio non ci aspettiamo un picco di crescita dei crediti deteriorati per una serie di fattori che abbiamo esposto anche in sede di bilancio. Con le moratorie siamo partiti da 16 miliardi, a dicembre eravamo scesi a 12 e oggi siamo intorno a 11 con un tasso di default molto basso (intorno allo 0,5%). Per cui, nonostante ci si aspetti un incremento nel secondo semestre, siamo confidenti sulla capacità di gestire in modo equilibrato il flusso dei potenziali crediti deteriorati».

Christine Lagarde pronostica una ripresa dell’inflazione e quindi un rialzo dei tassi: quale impatto avrà sulle banche?

«La ripresa dell’inflazione unita a un rialzo dei tassi costituirebbero, in un quadro macroeconomico normalizzato, elementi favorevoli per le banche consentendo un repricing degli impieghi, specialmente per quelli a lungo termine, e una diminuzione del costo del rischio-credito. Inoltre, l’impatto sui rendimenti dei titoli di Stato italiani, nel medio periodo, non dovrebbe essere penalizzante anche grazie all’“effetto Draghi” che ha determinato un drastico taglio dello spread. Al momento tuttavia, per l’economia europea e quindi per le banche, il rialzo dei tassi presenta più rischi che benefici».

Come sta rispondendo il suo istituto alle due big issues rivolte al sistema bancario dal Regolatore, il digitale e le tematiche relative alla Esg?

«In ambito digitale i progressi delle banche sono evidenti. Prima ricordavo la crescita esponenziale delle operazioni digitali: è vero che le limitazioni dovute alla pandemia hanno determinato un drastico cambio di passo del processo di digitalizzazione, ma siamo stati in grado di sostenerlo perché eravamo pronti, tecnologicamente e culturalmente, a presentare alla clientela un’offerta omnicanale. Anche se penso sia indispensabile riprendere il prima possibile il contatto personale, l’human touch, perché è su quello che si costruisce e sviluppa il rapporto di fiducia con i nostri clienti».

E sul fronte della sostenibilità Esg?

«Ci stiamo muovendo con ampiezza e profondità sia internamente sia sul lato esterno. Sul fronte interno lo scorso anno sono stati costituiti il Comitato Esg, che comprende, oltre al sottoscritto, quasi tutta la prima linea del gruppo. Proprio su impulso del Comitato Esg sono stati avviati sette filoni di attività che, in continuità con le macroaree di azione del Piano 2020-2023, hanno l’obiettivo di rafforzare l’integrazione della sostenibilità all’interno delle attività aziendali e nel business».

E sul fronte esterno?

«Per favorire la transizione delle nostre imprese verso un modello di business sostenibile, già nel 2020 abbiamo stanziato un plafond Investimenti Sostenibili 2020-2023 da 5 miliardi pianificando la valorizzazione delle best practice aziendali, anche attraverso la collaborazione con il Politecnico di Milano che dà la possibilità, per le aziende che cercano finanza, di avere una valutazione tecnica dei loro progetti. Infine, ricordo il recente lancio della nuova offerta di mutui con il “Green Factor” che prevede uno sconto sul tasso contrattualizzato come premio per l’efficientamento energetico».

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