Giuseppe Busia, presidente Anac: «Gli appalti in pericolo, rivedere subito i prezzi o avremo gare deserte»

Giuseppe Busia, presidente Anac: «Gli appalti in pericolo, rivedere subito i prezzi o avremo gare deserte»
di Umberto Mancini
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 16:24 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 08:56

Presidente Giuseppe Busia, il forte rincaro dei prezzi degli ultimi mesi sta rendendo la vita impossibile alle famiglie italiane, ma anche a tante imprese. Molte rinunciano agli appalti che in mancanza di clausole per la revisione dei prezzi, sarebbero in perdita sicura. Cosa può fare l’Anac al riguardo anche in considerazione delle forti tensioni legate al conflitto tra Russia e Ucraina?

«La guerra in Ucraina e l’aggravarsi della situazione internazionale rende ancora più drammatico l’aumento dei prezzi delle materie prime. Occorre perciò intervenire con forte determinazione. Serve un urgente intervento normativo per la revisione dei prezzi negli appalti, una sorta di compensazione non soltanto per i lavori pubblici, ma anche per servizi e forniture. Al riguardo, l’Autorità che presiedo ha inviato in questi giorni una richiesta formale ai ministri delle Infrastrutture e dello Sviluppo, e al presidente della Quinta Commissione del Senato. L’obiettivo è stabilire meccanismi che consentano di riguadagnare un maggiore equilibrio contrattuale, escludendo gli effetti della speculazione. Se non si farà, parteciperà alle gare solo chi poi chiederà varianti con aumento dei costi; oppure la prestazione non verrà eseguita. Così vanificando lo sforzo del Pnrr, perché le gare di appalto andranno deserte, o favoriranno soltanto i “furbetti”».

L’Autorità che lei presiede all’inizio dell’anno ha lanciato i bandi digitali per tutte le stazioni appaltanti. Comuni e Regioni hanno l’obbligo di attivare procedure standard e digitali che semplificano la vita alle aziende e consentono tracciabilità e massima trasparenza degli atti: come sta andando?

«Questa decisione segna un passaggio importante nella modernizzazione del sistema degli appalti pubblici in Italia e nella digitalizzazione delle procedure. Il bando digitale sosterrà l’accesso delle piccole e medie imprese al mercato; e garantirà una più ampia trasparenza e pubblicità alle gare oltre a ridurre tempi e costi per le amministrazioni».

Avete dei numeri su quanti soggetti si sono adeguati? Avete incontrato resistenze?

«Da gennaio tutte le stazioni appaltanti sono tenute a redigere i propri bandi in conformità al bando-tipo digitale. È un provvedimento che segna la fine della carta negli appalti pubblici, passando interamente al digitale.

Resistenze? No, non sono contemplate: il Paese ha troppo bisogno di semplificazione e digitalizzazione».

Questa iniziativa può aiutare il decollo del Pnrr, evitando che i fondi vengano dispersi o, peggio, intercettati dalle organizzazioni malavitose?

«È un fatto che con l’arrivo dei 200 miliardi di fondi europei e l’avvio degli appalti si è intensificato il rischio di corruzione e di infiltrazioni criminose nel nostro Paese. Penso che il bando digitale sia uno strumento adeguato, e si aggiunge alla banca dati unica degli appalti che Anac gestisce e che ci segnala in tempo reale ogni anomalia. Se un’impresa non ha tutte le carte in regola per partecipare ad un bando, noi lo sapremo subito. La piattaforma è aperta a tutti, anche i cittadini potranno interrogarla».

Spesso però le società sono scatole cinesi che celano il nome del titolare effettivo.

«Come Anac abbiamo chiesto a governo e parlamento di introdurre l’obbligo della dichiarazione del titolare effettivo delle società che partecipano alle gare. L’obbligo è già previsto nella normativa antiriciclaggio, si tratta di estenderlo al Codice degli appalti. Garantisce la Pa, ma anche la concorrenza tra imprese».

Che supporto darete affinché i soldi del Recovery Fund vengano effettivamente messi a terra per ciò che servono?

«Anac si pone a fianco dei Comuni, delle stazioni appaltanti e dei territori nell’assegnazione dei fondi, in particolare per la costruzione delle scuole, luogo privilegiato di integrazione sociale e coesione territoriale, oltre che di cultura e formazione della persona. Per questo abbiamo firmato recentemente un apposito Protocollo d’intesa con il ministero dell’Istruzione. Abbiamo inoltre predisposto dei bandi-tipo per piccoli comuni, affinché possano accedere ai fondi per la coesione territoriale. Sarebbe riprovevole non accedere ai fondi del Pnrr soltanto perché non si hanno le competenze tecniche per avvalersi dei bandi».

A che punto è la riforma delle stazioni appaltanti di cui Anac si è fatta portatrice?

«La riforma delle stazioni appaltanti è diventato uno dei punti qualificanti del Pnrr che ci permette di ricevere la nuova tranche di fondi europei del next Generation Eu. Da tempo Anac sosteneva l’urgenza di intervenire sul caos delle oltre 36mila stazioni appaltanti, in direzione di una riduzione e semplificazione. Va superato il limite territoriale, regionale, di azione degli aggregatori, in base al quale una centrale d’acquisto regionale può comprare solo per le amministrazioni di quella Regione, a scapito dell’efficienza». 

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