Fisco, stop alla riforma del catasto per evitare aumento delle tasse sulla casa

Fisco, stop alla riforma del catasto per evitare aumento delle tasse sulla casa
di Andrea Bassi
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Martedì 23 Giugno 2015, 12:11 - Ultimo aggiornamento: 12:12
Dopo mesi di rinvio quella che si prospetta sulla riforma del Fisco è una fumata grigia. Tra i provvedimenti più attesi, è probabile che almeno due non vedano la luce: quello sul Catasto e quello sui giochi. Sul primo lo stop è arrivato direttamente dal premier Matteo Renzi, preoccupato che il passaggio dai vani ai metri quadri e l’adeguamento ai valori di mercato, potesse portare ad un aumento della tassazione sulla casa. Ieri era stato il presidente della Commissione finanze della Camera, Daniele Capezzone, a parlare di stime agghiaccianti sull’aumento di gettito sul tavolo del governo. Anche sui giochi pende un problema politico, il mancato accordo con gli enti locali sulla riserva allo Stato della regolazione del settore. Il testo potrebbe essere trasformato in un ddl. Dal consiglio dei ministri potrebbe arrivare finalmente la fumata bianca al decreto sulle sanzioni penali, dopo che alla vigilia di Natale dello scorso anno il governo era stato costretto al dietrofront perché nei provvedimenti era spuntata la norma ribattezzata Salva-Berlusconi, quella che non puniva l’evasione se la cifra sottratta al Fisco non superava il 3% del reddito dichiarato.



Questa volta i commi che prevedono una «non punibilità penale» in caso di evasione sono altri due, l’articolo 13 e l’articolo 13-bis della bozza di decreto che Il Messaggero ha potuto visionare. Il primo spiega che i reati di omesso versamento delle ritenute fiscali, dell’Iva e l’indebita compensazione, non sono punibili se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento nel processo di primo grado, l’evasore salda il suo debito con il Fisco, anche utilizzando le procedure conciliative, l’adesione all’accertamento e il ravvedimento operoso. Anche la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione non saranno punibili penalmente se il debito tributario sarà saldato. Ma a differenza degli altri casi, il pagamento dovrà essere stato fatto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche.



Ma la norma che più farà discutere è probabilmente l’articolo 13-bis, che riguarda invece «la non punibilità a seguito di accesso al regime di adempimento degli oneri documentali». Per le società che hanno sedi in più paesi, abbiano o meno la loro casa madre in Italia, se metteranno a disposizione del Fisco la documentazione descrittiva delle operazioni con le società controllate o controllanti, non potranno essere perseguite penalmente.



GLI IMPATTI

Si tratta di casi come il cosiddetto «transfer pricing», lo scambio di servizi e prodotti tra imprese che fanno parte di uno stesso gruppo e che hanno sedi in paesi differenti. Un meccanismo di elusione del Fisco sul quale da tempo anche la Commissione Ue ha acceso un faro, mettendo sotto osservazione, per esempio, le pratiche di Fca, Starbucks e Apple, che hanno delocalizzato le loro sedi fiscali. Ma che potrebbe interessare anche aziende come Google o Facebook. Sul tavolo del consiglio di oggi ci sarà anche la soluzione alla vicenda dei 1.200 dirigenti del Fisco dichiarati illegittimi da una sentenza della Consulta.



Ieri in sede tecnica sono stati discussi due testi differenti. Il primo prevede come soluzione l’aumento delle cosiddette «posizioni organizzative speciali», dei ruoli che permetterebbero agli ex dirigenti declassati a funzionari di riottenere una retribuzione in linea con quella precedente (circa 65 mila euro). Contemporaneamente l’Agenzia dovrebbe valutare un dimezzamento delle posizioni dirigenziali, portando il rapporto dirigenti/dipendenti da 1 a 40 a 1 a 80. Soluzione spinta soprattutto dal capo del Fisco Rossella Orlandi. La seconda ipotesi, appoggiata dai tecnici di Palazzo Chigi, prevede l’introduzione di due nuove qualifiche: quadri e professional. I primi con compiti organizzativi e i secondi sarebbero invece caratterizzati da elevate competenze certificate anche dall’appartenenza a ordini professionali (avvocati, commercialisti, ingegneri). Per i primi ci sarebbe un indennità annua di 12 mila euro, per i secondi di 8 mila euro. Quale delle due sarà la soluzione prescelta lo si deciderà oggi in sede politica, nel consiglio dei ministri.