Fiat, Landini elogia Marchionne: «Bravissimo». Manghi: «Era ora, il sindacato si fa in fabbrica»

Bruno Manghi
Bruno Manghi
di Diodato Pirone
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Mercoledì 14 Gennaio 2015, 17:42 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 12:43
Bruno Manghi, piemontese, sociologo, una vita nel sindacato, è uno dei più ascoltati consiglieri del neosegretario della Cisl, Annamaria Furlan.

A lui chiediamo un giudizio sull'evoluzione della battaglia sindacale in corso in Italia dopo l'annuncio delle mille assunzioni alla Fiat di Melfi e il "bravissimo Marchionne" scandito stamani dalle colonne di Repubblica da Maurizio Landini, segretario Fiom e, in Italia, anti-Marchionne per antonomasia.



E' sorpreso dal "bravissimo" di Landini a Marchionne?



"Era ora. Ma non polemizzo con Landini con il quale condivido il mestiere. Il suo ravvedimento è una presa d'atto importante e tuttavia se non l'avesse fatto la Fiom si sarebbe schiantata contro la realtà, perlomeno in Fiat. E poi va ricordato che il muro contro muro va aggiornato alla situazione. Dopo quello che è successo in Francia cambia tutta l'agenda".



Landini per anni ha descritto il progetto di Marchionne come una depauperazione dell'Italia e voi sindacati firmatari del contratto Fiat come suoi complici. Non ha nulla da rimproverargli?



"A Landini rimprovero la strategia: Marchionne si è liberato di tanti lacciuoli e ha potuto fare il contratto aziendale proprio utilizzando la strategia di opposizione frontale di Landini".



In compenso il leader Fiom è diventato una star mediatica che suscita parecchie invidie fra i sindacalisti.



"Questo è potuto accadere perché il mondo dei media non si occupa più del lavoro. Molti giornalisti non sanno cos'è una fabbrica moderna e hanno lasciato passare la favola dello schiavismo. Infatti va fatta una grossa distinzione fra la Fiom della televisione e dei giornali e quella che opera nel territorio".



Cosa vuol dire?



"Nella maggioranza delle aziende i rapporti fra Fiom Fim e Uilm sono ottimi e in questi anni non c'è stata alcuna contrapposizione nel firmare intese anche molto impegnative che rendevano più flessibile il lavoro. Fiat invece è stata trattata come una bandiera nazionale da una Fiom che in realtà è egemone solo in Emilia, Toscana e Umbria e, appunto, in televisione. Non a caso Landini è il terzo o quarto segretario Fiom di provenienza emiliana. Comunque, tutti speriamo che ora si possa tornare ad una situazione di normalità anche in Fiat perché credo che i lavoratori ne abbiano le scatole piene di contrapposizioni. Anche se nelle fabbriche del Lingotto mi segnalano un leggero aumento delle iscrizioni ai sindacati che fa ben sperare".



Cosa insegnano le assunzioni di Melfi ai sindacati firmatari? Ha senso avere in fabbrica ben cinque sindacati che collaborano con l'azienda?



"Ridurre le organizzazioni sindacali almeno per ora non conviene a nessuno. Neanche a Fiom che se si fosse trovata di fronte ad un solo sindacato come interlocutore di Marchionne sarebbe stata totalmente esclusa dal gioco in Fiat. A noi il caso Melfi insegna che il sindacato ha senso se decine di suoi delegati incidono sui processi di lavoro, se consentono al lavoro di partecipare al successo del prodotto".



Come in America dove il sindacato UAW ha ottimi rapporti con Marchionne.



"Si. In America c'è una scuola del lavoro di Fiat Chrysler dove gli insegnanti sono indicati dai sindacalisti. Questo significa che l'azienda e il sindacato trasformano in un vantaggio reciproco e non più in un costo l'attenzione alla sicurezza e procedure del lavoro meno faticose".



In Italia, proprio a Melfi, si parla di una analoga scuola da anni.



"Non mi sorprende la lentezza italiana. Quando nacque la fabbrica di Melfi, nel 1993, le Ferrovie impiegarono quattro anni a raggiungere lo stabilimento".



Ultimo messaggio a Landini



"Non lo invidio. In Fiom ci sono tanti bravi sindacalisti ma cambiare i punti di riferimento del racconto che ha indicato loro per anni non è un gioco da ragazzi".
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