LE ENTRATE
A temperare i dati sul debito, l'andamento degli incassi per lo Stato. «Le entrate tributarie – si legge nel bollettino Bankitalia – sono state pari a maggio a 31 miliardi, in aumento del 2,9% rispetto allo stesso mese 2013». E per effetto di questo impulso, nei primi cinque mesi dell'anno le entrate sono cresciute dell'1,6% (2,2 miliardi). La nuova impennata del debito, unita alle voci (smentite da Palazzo Chigi) secondo le quali il governo punterebbe ad anticipare la legge di Stabilità a metà agosto, hanno alimentato nuovi dubbi sulla tenuta dei conti pubblici.
Fonti del Tesoro liquidano come «sciocchezze» le rinnovate ipotesi di manovra correttiva. Ma è un fatto che con la crescita che viaggia intorno allo 0,2% ormai lontana dallo 0,8% indicato dal governo nel Def per fine anno, gli obiettivi di finanza pubblica 2014 potrebbero saltare. Il rapporto debito-pil, ad esempio, che l’esecutivo Renzi ha previsto a quota 134,9% finirebbe in realtà per essere più alto dello 0,5-0,7%. Costringendo il premier a dover rimediare. In queste ore però, in Via XX Settembre scacciano i pensieri più cupi. «La crescita non decolla ed è un problema grave», si ammette a denti stretti. Però prevalgono ancora le ragioni dell’ottimismo. E questo perché, elencano i collaboratori più vicini al ministro Padoan, il deficit al 2,6% offre ancora margini di manovra, le entrate Iva, spinte dai rimborsi dello Stato alle imprese, viaggiano forte e il calo dello spread sta facendo risparmiare soldi allo Stato. Se i rendimenti resteranno stabili, invece degli 86 miliardi previsti a inizio anno se ne pagheranno 82,5 con minori uscite per 3,5 miliardi. Insomma, la situazione viene monitorata con attenzione ma senza allarmismi. Anche perché «la crisi non è solo nostra» si ragiona annotando che Eurostat parla di un calo della produzione industriale dell’1,1% nell’area euro a maggio. In linea con il dato italiano. Così si confida molto sull’esito dei negoziati del governo con la Commissione Ue per una maggiore flessibilità sui conti. Magari non sul deficit ma di sicuro sugli investimenti utili alla crescita. «In autunno la durezza potrebbe lasciare il posto a posizioni più morbide» dicono al Tesoro garantendo che tra le cancellerie europee si sta diffondendo l’opinione che «criteri troppo rigidi soffocano la ripresa».