Il pugno di Francoforte: ora lo spettro del default

Il pugno di Francoforte: ora lo spettro del default
di Luca Cifoni
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Giovedì 5 Febbraio 2015, 05:48 - Ultimo aggiornamento: 08:32
ROMA - Una mossa al tavolo di un negoziato che ora si fa davvero duro. Va letta così la scelta del Consiglio direttivo della Bce di rimuovere la deroga che dal 2010 permette alle banche greche di finanziarsi portando come collaterale titoli garantiti dallo Stato ellenico.



MECCANISMO DI EMERGENZA

La sospensione della deroga sui titoli greci non è ancora una chiusura dei rubinetti della liquidità, ma lo potrebbe presto diventare. E va in direzione opposta a quanto richiesto dai nuovi leader greci nel tour europeo di questi giorni: un po' di respiro, alcune settimane di tempo - sotto forma di denaro fresco - per mettere a punto un piano definitivo. Ora bisogna decidere in fretta e lo spettro di un default si fa reale.

Le quattro principali banche greche, che già nelle settimane precedenti al voto hanno dovuto gestire la fuga dei depositi, dipendono dalla liquidità d'emergenza fornita da Francoforte tramite l'Ela (Emergency liquidity assistance), un meccanismo che va approvato a maggioranza di due terzi e rinnovato di volta in volta ogni due settimane.

A questi fondi gli istituti di credito avrebbero già attinto per 40 miliardi. Presto potrebbero trovarsi le porte chiuse.

Ma le conseguenze del pugno battuto da Mario Draghi potranno essere valutate già da stamattina, quando ad Atene e nelle altre città greche riapriranno gli sportelli bancari. Se dovesse prevalere la paura, la corsa a ritirare i depositi potrebbe innescare una spirale dalle conseguenze imprevedibili. E lo scenario di un'uscita - di fatto - della Grecia dalla moneta unica tornerebbe meno astratto di quanto non sembrasse in questi giorni.



Ora la parola è al nuovo governo greco. Il comunicato emesso da Francoforte specifica che la scelta fatta è «in linea con le attuali regole dell'Eurosistema» ed «è basata sul fatto che al momento non è possibile ipotizzare una conclusione positiva della revisione del programma». Insomma secondo la banca centrale c'è il rischio che Atene con le sue nuove richieste venga meno a quanto era stato pattuito nel 2010, all'inizio di quella fase storica che Tsipras candidandosi vittoriosamente alla guida del Paese pensava di ribaltare.



LA SCADENZA A FEBBRAIO

In quelle circostanze Francoforte aveva accordato la deroga che ieri sera è stata rimossa, con effetto dalle prossime operazioni di rifinanziamento in calendario tra una settimana, l'11 febbraio. In pratica la Bce accettava di accollarsi titoli spazzatura o quasi, e di garantire liquidità, in cambio dell'impegno greco a percorrere il cammino del risanamento dei conti e delle riforme strutturali. Quel cammino che secondo Syriza ha portato il Paese in condizioni ancora peggiori di quelle che sarebbero state provocate dalla sola recessione economica. Ma che secondo molti osservatori i precedenti governi ellenici hanno percorso accettando sì i gravami del rigore imposti dall'esterno, le cui conseguenze pesano direttamente sulla popolazione, ma tralasciando la modernizzazione del sistema Paese, la quale suppone invece la capacità di autorinnovarsi di un sistema politico clientelare.



I nodi insomma arrivano al pettine. Il programma imposto ad Atene, che comprendeva il ruolo della troika oggi messo in discussione, scadeva il 28 febbraio, ma ora i tempi si accorciano ulteriormente. Nelle intenzione di Draghi e dei suoi colleghi del Consiglio direttivo - e in quelle del mondo politico e finanziario tedesco - la decisione annunciata ieri sera dovrebbe indurre il premier Tsipras e il ministro delle Finanze Varoufakis a più miti consigli, a ridimensionare le proprie richieste e rassegnarsi ad incassare solo qualche piccola concessione, sicuramente molto meno di ciò che era stato scritto nel famoso programma elettorale di Salonicco. Programma che paradossalmente conteneva tra le sue premesse la richiesta alla Bce di azionare il Quantitative easing.