Io, padre separato, costretto
a vivere senza la mia bambina

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Martedì 21 Settembre 2010, 17:12 - Ultimo aggiornamento: 17:13
Gentili Signori,

il trauma della sottrazione dei propri figli probabilmente cos grande che solo ora dopo 7 anni inizio a rendermene conto, il mio cervello inizia lentamente ad ammettere ci che ha perso.
Mia figlia da piccola era un bel fagottino, guance tonde e sorrisi contagiosi. Gli facevo il bagnetto, ero accanto a lei tutte le sere per insegnarle a mangiare, la mettevo a letto e le insegnavo a dormire da sola nella sua cameretta.



A nove mesi iniziai a portarla al nido e feci l’inserimento con le maestre che chiedevano i papà perché dicevano più bravi e distaccati in questo compito, in effetti l’inserimento di mia figlia fu uno dei più rapidi, io ero felice che lei andasse nel mondo e questo lei lo percepiva, mi salutava e si lanciava barcollante nella saletta con gli altri bambini.



Me la portavo ovunque, dagli amici a far la spesa nel marsupio anteriore all’inizio girata verso me poi verso il fuori, la gente intorno era più felice quando ci vedeva, io le passavo le confezioni e lei le metteva nel carrello e così la facevo partecipare alla mia vita.



Poi un giorno, a 18 mesi, mia moglie mi tradì. Era la seconda volta e questa volta lei non era pentita ed io non ero intenzionato a far finta di niente. Fu questa mia determinazione (a volere che portasse più rispetto) a scatenare la sua ira: se ne andò, minacciando che mi avrebbe rovinato e che non avrei rivisto più mia figlia se non qualche ora la settimana; ma il giorno più brutto della mia vita non fu quello, ma quando dopo molti avvocati scoprii che poteva farlo.



Oggi sono passati 7 anni e forse riesco a guardare con occhi più lucidi alla spaventosa spirale di tribunali, persecuzioni e solitudini che ho passato, e mi rendo conto che mia figlia in questi anni non l’ho vissuta più come in quei mesi. Non l’ho più trovata a casa sorridente la sera, non ho più potuto viverla liberamente e scegliere per lei le cose della vita come avrei voluto. Ho capito anche che l’intento punitivo di mia moglie era proprio questo, è ci è riuscita.



Avrei potuto rifarmi una vita nel senso di fare altri figli che avrei potuto godermi liberamente senza soffrire così tanto, ma ho trovato più serio restare e lottare, e sono qui a scriverlo.



un giovane padre

R.I.
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